di P.Giovanni Cavalcoli, OP
Il Servo di Dio Padre Tomas Tyn visse i primi anni della sua vita nell’Ordine Domenicano in Germania nel periodo che immediatamente seguì il Concilio Vaticano II, periodo nel quale alcuni teologi cattolici, in ossequio alle direttive conciliari concernenti l’ecumenismo, si sforzarono di reimpostare il confronto fra cattolicesimo e protestantesimo così da mettere maggiormente in luce i punti di contatto fra le due confessioni cristiane.
In quest’opera complessa, difficile, eppure necessaria e doverosa, si distinsero teologi come Hans Küng, che era stato perito del Concilio, e che scrisse un trattato dal titolo “La giustificazione”, pubblicato in Italia dalla Queriniana nel 1972, libro che ebbe il plauso del teologo calvinista Karl Barth, ed Otto Pesch, il quale invece pubblicò un voluminoso studio nel quale sosteneva una forte convergenza tra S.Tommaso d’Aquino e Lutero.
Il giovane Fra’ Tomas, non ancora sacerdote, ma semplice studente di teologia, si tuffò con estremo ardore in questo difficile e rischioso argomento, mettendo in opera la sua straordinaria intelligenza e potendosi valere della ricca biblioteca dello Studio Teologico Domenicano di Walberberg, dove allora alloggiava.
Fra’ Tomas non era per nulla contrario all’ecumenismo promosso dal Concilio, data la larghezza delle sue vedute e dato il suo spirito inclinato alla benevolenza ed alla concordia. Tuttavia Tomas possedeva anche una grande lealtà ed onestà intellettuali ed una sottile capacità di discernimento, per le quali ben presto egli si accorse della piega equivoca e compromissoria che stava prendendo un certo “ecumenismo” col pretesto del principio di Papa Giovanni “cerchiamo ciò che ci unisce”.
Stava sorgendo un ecumenismo che conciliava l’inconciliabile, forzava la realtà dei fatti e creava confusione, per cercare convergenze che in realtà non c’erano, e si profilava una reinterpretazione del cattolicesimo, la quale, per attenuare la sua opposizione al protestantesimo, finiva per protestantizzare se stesso mantenendo l’etichetta di “cattolico”.
Fra’ Tomas si accorse con lucidità di questo inganno, nonchè dell’enorme posta in gioco e di come questo confronto cattolicesimo-luteranesimo si profilasse sempre più come uno dei fondamentali se non il fondamentale problema ecclesiale del nostro tempo. Il confronto col protestantesimo portava con sé il confronto col pensiero nato da Cartesio, giacchè i protestanti si accorsero ben presto di come la filosofia cartesiana, per il suo soggettivismo e volontarismo, si poteva accordare col pensiero luterano e, come sanno gli storici del pensiero cristiano, luteranesimo e cartesianismo messi assieme avrebbero formato quella miscela esplosiva che avrebbe portato all’illuminismo, all’idealismo tedesco e da qui al marxismo e a Nietzsche fino a Sartre e ad Heidegger.
Ma il tentativo non riuscito di questa assunzione da parte di alcuni cattolici del pensiero postcartesiano, che chiamava se stesso abusivamente “pensiero moderno” - infatti il pensiero moderno non è solo questo! - era già stata tentata da alcuni teologi cattolici tedeschi nell’’800 e poi in forma ancora più complessa dal modernismo, ma, come si sa, sia il primo tentativo che il secondo erano stati condannati rispettivamente dal Beato Pio IX e da S.Pio X.
Nel 1879 Papa Leone XIII aveva emanato una poderosa enciclica, la famosa Aeterni Patris, con la quale esortava i teologi ad utilizzare S.Tommaso come criterio di valutazione nel confronto col pensiero moderno. Ma ben pochi per non dir pochissimi seguirono le sagge direttive del grande Pontefice e di nuovo, come già era accaduto in precedenza, i disobbedienti al Papa ripeterono l’operazione senza un’adeguata preparazione tomistica, ma invischiati in quegli stessi errori moderni che avrebbero dovuto confutare. Per questo l’operazione non poteva non fallire, come era già avvenuto per quella compiuta ai tempi di Pio IX. Da qui, per riparare a tanto danno, nacque la famosa enciclica Pascendi di Pio X.
Ora, nel postconcilio di nuovo - sembra incredibile come anche i teologi non sanno imparare dalla storia! - si ripeteva lo stesso equivoco dei passati tentativi falliti. E di nuovo, evidentemente, l’operazione non poteva non fallire.
Difatti il principale rappresentante di questo neomodernismo filoprotestante, Küng, fu condannato. Ma a questo punto è avvenuto un fatto sconcertante: che molti suoi seguaci e maestri, tra i quali per esempio Karl Rahner, hanno fatto fortuna all’interno della Chiesa senza che da parte della Chiesa stessa, almeno finora, ci siano stati significativi o efficaci interventi tesi a correggere anche questa operazione, che sostanzialmente non si distingue da quelle passate, per non dire che è ancora peggiore.
Una spiegazione di tale incresciosa situazione forse può essere data da una cattiva interpretazione del Concilio, il quale, come si sa, fu indetto con lo scopo prevalente di offrire al mondo una dottrina costruttiva e positiva, moderando le condanne. Ma moderare non doveva essere inteso come sopprimere del tutto.
E’ stato così che a questo punto ne approfittarono i neomodernisti (i cosiddetti “progressisti”), per sentirsi esonerati dal rifiutare gli errori di Lutero ed anzi per sentirsi autorizzati a chiamare vero ciò che è falso e ortodosso ciò che è eretico.
Fra’ Tomas, dando mostra di una profonda ed esatta lettura del momento storico che stava vivendo, comprese l’urgenza di costruire una teologia ecumenica la quale sì certo riconoscesse “ciò che unisce”, ma senza dimenticare che in fin dei conti Lutero è un eretico. Per questo Tomas, trasferitosi nel 1972 nel convento domenicano di Bologna, iniziò la sua attività di teologo con una corposa tesi di licenza in teologia di 340 pagine (in latino, come allora si usava ancora), sostenuta nel 1976 presso
In questa tesi Padre Tomas, che dal 1975 era sacerdote, non disse nulla di particolarmente nuovo circa quanto già si sapeva di Lutero, ma il suo merito fu di mostrare, sulla base di un’ottima preparazione teologica fondata sulla dottrina dell’Aquinate, come in realtà la pretesa concordanza tra S.Tommaso e Lutero sostenuta sia pur con dovizia di argomenti dal Pesch, non aveva fondamento. Non era quello il modo di fare ecumenismo.
Dispiace che questo chiaro richiamo di Padre Tomas sia stato poco ascoltato in gran parte della prassi ecumenica che si è attuata in questi ultimi decenni, contravvenendo peraltro allo stesso documento conciliare dedicato all’ecumenismo, l’Unitatis redintegratio, dove è detto esplicitamente che scopo ultimo dell’ecumenismo è ottenere, con l’aiuto di Dio, che i fratelli separati entrino nella Chiesa cattolica. Quella che una volta si chiamava “conversione”.
E per ottenere questo fine non basta evidentemente evidenziare i punti di contatto, ma occorre continuare, seppur con maggior garbo e maggiore carità di un tempo, a mostrar loro i loro errori, nella speranza che vogliano respingerli. Invece purtroppo è avvenuto in molti casi che non solo certi cattolici non hanno compiuto quest’opera di carità, ma hanno continuato a chiamarsi cattolici, essendo però di fatto divenuti quasi protestanti.
Occorre che noi cattolici recuperiamo la tradizionale capacità che hanno avuto tanti nostri Santi, come S.Giovanni Nepomuceno, S.Pietro Canisio, S.Francesco Saverio, S.Francesco di Sales o il Beato Marco d’Aviano di condurre i fratelli protestanti a correggersi dai propri errori e ad entrare nella Chiesa cattolica. Finchè, con l’aiuto dello Spirito Santo, non sapremo riprendere quest’opera di grande carità, tutti i nostri bei voti e tutte le nostre preghiere allo Spirito Santo andranno a vuoto, perché Dio li giudicherà insinceri. La macchina dell’ecumenismo girerà a vuoto come le ruote di un’auto senza le catene sul ghiaccio.
Padre Tyn è per tutti noi un forte appello in questo senso. Solo seguendo il suo esempio potremo avere risultati efficaci e dire di avere realizzato veramente il Concilio.
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TOMAS TYN E
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