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“CRISTOTERAPIA” DIALOGO DI VITA FONTE DI SPERANZA - di Michele Falcone


presentazione del prof. Michele Falcone del libro di Don Pierino Gelmini e Alessandro Meluzzi


So per certo che il libro di don Gelmini, “Cristoterapia”, frutto di sacrifici, privazioni, forse anche di nascoste e silenziose lacrime, è un atto anch’esso d’Amore, di speranze illuminate da luci improvvise, inaspettate, come il seme di un fiore che, spinto dal vento, d’incanto, sboccia in un campo arido ai tiepidi raggi di un sole primaverile.

E so pure, per certo, che tale fatica letteraria è l’ omaggio a voi, giovani, di un cuore che ho sentito, nel corso della lettura, pulsare, ora lento, ora forte, ora frenato da silenti pause, in ogni espressione, in ogni considerazione, in ogni pensiero, in ogni parola, ovattato da sentimenti soffusi e delicati, generati da uno sconfinato amore per il creato, per l’uomo; ho visto occhi brillare di una pensosa, profonda e significativa attenzione verso la volta celeste; ho ascoltato la voce di un animo innocente sfolgorare di ineffabile gioia quando l’uomo ha riconquistato la perduta innocenza dell’infanzia, smarrita nelle tortuose e solitarie vie del mondo.

E’ tutto qui, giovani, il messaggio di questa pubblicazione, classico esempio di una meta raggiunta dopo un lungo cammino costellato di sofferenze contro le quali non senti alcun atto di imprecazione, perché l’autore sa, come diceva lo stesso Alessandro Manzoni, che è dalle sofferenze che nascono le gioie, che è dalle sofferenze che fioriscono le grandi città, dalle sofferenze emerge, come il sole dagli abissi marini, la gloria di Dio.

E se, dunque, il libro è per voi, giovani, in questa mia presentazione riprendo, pur se per poco, quel burbero mio atteggiamento di educatore, quale sono stato e quale continuo ad essere pur se chiuso nei fogli ingialliti dei miei libri, delle mie immagini, delle mie memorie, dei miei ricordi, per tracciare un vostro percorso ideale, all’ insegna anche di quella sintesi meravigliosa della saggezza virgiliana “in minimis maxima”, nelle piccole cose ci sono le impalpabili, sfumate, grandi cose.

E’ dal tempio della cultura, la scuola, che si educano gli animi incontaminati dei giovani al culto del Bello, del Giusto, del Vero, e ora, proprio come in una silenziosa e attenta aula scolastica, tu, giovane, apprendi che la longevità del protone supera per miliardi e miliardi di volte il più grande intervallo di tempo concepibile per l’uomo, cioè la vita dell’Universo, quindi miliardi e miliardi di anni circa e che questo intervallo di tempo, apparentemente lunghissimo, non dura più di un battito del cuore, e se volgi anche tu il tuo sguardo verso la volta celeste, vedrai che vi sono stelle che distano oltre 90 miliardi di anni luce, inimmaginabili strade che solo l’eterno, infinito andare del tempo, percorre nel suo inspiegabile, ma affascinante mistero, comprenderai che l’irreparabile danno per l’umanità scaturisce dal fatto che l’uomo dei nostri tempi riflette troppo poco e troppo male, forse perché non prega più.

E se volgi lo sguardo nel tuo ristretto ambito, potrai osservare, anche tu, un fiore che sboccia, come d’incanto, su una terra infeconda, o ascoltare l’impercettibile respiro di una foglia verde, o posare lo sguardo su un purpureo petalo di un fiore, per ripetere, anche tu, come una volta lo scienziato Linneo, “ho visto passare Dio in un fiore”, o, annegarti in una goccia d’acqua nella quale si rispecchia l’Universo intero.

Fusione meravigliosa è il cielo che si congiunge con la terra e la terra che si dislaga nell’infinito, disegno di una mente divina, comprensibile nella musica, o nei versi del divino Dante quando canta “Vergine Madre, figlio del tuo figlio/umile e alta più che creatura,/termine fisso dell’etterno consiglio…”, sorretto da una incrollabile fede, la stessa che ha guidato e continua a guidare don Gelmini nel suo operato, rischiarato dal sorriso dell’Amore, perché “l’esperienza dell’Amore è un’esperienza che riempie la vita, è un’esperienza che dona, che ci fa vivere l’insegnamento più bello”.

Non ti dolere, giovane, se non ti sarà possibile fare “il giro del mondo”, perché anche “il giro del cerchio” racchiude felicità nascoste che d’improvviso ti illuminano di luce, se saprai raccogliere nel tuo cuore anche il pianto di stelle cadenti e se saprai commuoverti dinanzi al primo raggio di un sole primaverile che sorge all’orizzonte, laddove il mare si congiunge con il cielo, perché è in esso la prima nota dell’eterna, magica, melodia della vita, che si disperde, soffusamente, nell’odorosa aria di profumi indefiniti.

Non ville lussuose, non rombi di auto potenti, non grattacieli, non veloci natanti che si protendono alla conquista di confini sempre più lontani, sono l’essenza della vita, ma il lento e faticoso procedere di un povero, solo e abbandonato, coperto di cenci, perché è lì, nel suo petto, che batte quel cuoricino di quel bambino che nacque, un dì, in una grotta alle intemperie e al freddo dell’ inverno.

Ed è, in quel cuoricino eterno che si vaporizzano, come rugiada al sole, le piccole e insignificanti miserie umane!

Ma in un mondo così variegato e circonfuso, in una realtà triste e tenebrosa, retta da ombre immorali di nani che appaiono di giganti perché, purtroppo, è ancora troppo basso il sole all’orizzonte, tu, giovane, hai necessità di luce, di guardare le albe con occhi puri e incontaminati, con animo libero dalle tue pesanti tristezze giovanili.

“Non ti dolere”, diceva il vecchio, buon Edmondo De Amicis ai suoi giovani con voce fioca e amorevole, “se hai umile la nascita e se, forse, avrai umile la vita. Sta in te poggiare più in alto di quanti la fortuna arrise di più, giacché non v’è altra vera altezza quaggiù se non operare bene, e tu puoi salire l’erta con tanto maggior merito quanto da più bassi e più forti spineti hai iniziato a salire”.

Oggi a te, don Gelmini, diciamo grazie per aver offerto a noi tutti un verso della poesia della tua vita, al quale si aggiungeranno altri versi d’Amore di altri giovani, nella convinta nostra e tua speranza che nei loro cuori siano sempre impressi, come su una dura roccia, gli ultimi versi coi quali Dante, orma di Dio terreno, chiude il suo immaginario viaggio nella vera luce e nell’eterno bagliore: “A l’alta fantasia qui mancò possa;/ma già volgeva il mio disio e il velle,/sì come rota ch’igualmente è mossa,/l’Amor che move il sole e l’altre stelle”.

Penso che l’augurio più bello, più sentito, più umanamente commovente che possa essere formulato è quello che anche tu, giovane, possa un giorno, nel corso della tua vita, come il divino Dante all’ingresso del Purgatorio, ascoltare e comprendere appieno il valore di quei due versi così profondi, così nobili, “o dignitosa coscienza e netta/quanto t’è picciol fallo amaro morso”, perché è proprio vero che “temer si dee di sole quelle cose/c’hanno potenza di fare altrui male/dell’altre no ché non son paurose”.

E’, quindi, giovani, nel silenzio della preghiera, nella contemplazione, estatica, di stelle cadenti, nella commovente constatazione dell’ “infinito andar del tempo”, nel soffuso battito del cuore, negli alberati viali della conscienza, la catarsi della vita umana.

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