IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

LA TRAGEDIA DEL REGISTA MONICELLI. ALCUNI PERDONO UN’OTTIMA OCCASIONE PER TACERE




Mario Monicelli
di Paolo Deotto



Se la stupidità fosse un reato, alcune persone meriterebbero senza dubbio l’ergastolo.

Tutti sappiamo del terribile gesto di Mario Monicelli. Il grande regista, all’età di 95 anni, si è suicidato gettandosi dalla finestra della clinica in cui era ricoverato.

Di fronte a una tragedia umana come il suicidio non solo la Carità cristiana, ma anche l’intelligenza, imporrebbero il silenzio. Silenzio per pregare per questo infelice, silenzio per rispetto all’abisso di dolore in cui il suicida è crollato, rispetto per la sofferenza dei suoi cari.
Purtroppo non manca occasione in cui l’Italia non voglia mostrarsi un Paese di buffoni. E in questo caso il buffone che dirige le danze scomposte e senza senso del corteo dei clown è il giornalista Stenio Solinas, che sulle colonne del Giornale scrive un incredibile articolo, che suona, in buona sostanza, come un’apologia del suicidio.

Non possiamo, per ovvie ragioni di spazio, riprodurvi qui tutto l’articolo,ma lo leggete cliccando qui 

Ammettiamo che il Solinas in cuor suo abbia provato ammirazione per il gesto di Monicelli. Liberissimo di farlo. Ma troviamo scandaloso, o semplicemente stupido (il che, forse, è ancor peggio) che il Solinas stesso, su un Giornale autorevole, a diffusione nazionale, manifesti opinioni del tutto personali, assolutamente non condivisibili, ricorrendo anche ad arzigogoli tanto suggestivi quanto privi di qualsiasi significato. Vi riportiamo solo alcune “perle”: “Non era credente ma forse aveva "fede" nel dio degli uomini, nello Jupiter degli antichi 

Già questa caricaturale “religione laica” è una scemenza, non foss’altro perché è una contraddizione in termini. Ma tant’è. Nella sua furia di mostrarsi “politicamente corretto” e quindi assolutamente immune da incrostazioni religiose che potrebbero offuscare la limpidezza del suo pensiero (?) laico, il Solinas si esibisce in altre giravolte. La più clamorosamente stupida ci pare questa: “Perché ci si uccide a novantacinque anni? Non avrebbe potuto lasciare alla natura o al tempo il compito di mettere la parola fine? C’è chi ha scritto che in fondo il suicidio è un’affermazione di vita; essere disgustato dalla vita significa avere fede nella vita, ritenerla una festa unica, alla quale non si è stati invitati, una tavola splendidamente apparecchiata dalla quale si viene scacciati pur avendo fame. È per questo che il suicidio non è mai stato così frequente come nelle epoche in cui si crede nella felicità.”
La sottolineatura dell’ultima frase l’abbiamo messa noi, perché con questa frase il Solinas dimostra anche un’ignoranza abissale. Se ha tempo, e se sa leggere un po’ meglio di come scrive, vada a rileggersi un po’ di dati circa il numero dei suicidi attuale. E ci dimostri che la nostra epoca, in cui i giovani cercano rifugio nell’alcol e nella droga, in cui il pessimismo sta travolgendo tutto e tutti, in cui le certezze sono sempre più vaghe, sia un’epoca in cui “si crede nella felicità”. Si crederà piuttosto nello “sballo”, nell’oblio, nel piacere disperato consumato alla svelta a prezzi da discount. E questa è “felicità”?

Oltretutto con questo articolo infarcito di elucubrazioni sconnesse, Solinas non fa che mancare gravemente di rispetto a Mario Monicelli, grande artista e uomo che ha vissuto in sé la più abissale tragedia che un uomo possa vivere.

Se Solinas fosse stato zitto, oltre che la logica e il buon gusto, ne avrebbe tratto beneficio anche la figura stessa del regista suicida, che ricorderemo sempre per i suoi ottimi film, per quanto ha dato all’arte del cinema, non certo per le “s…e” mentali del signor Solinas, che si arroga il diritto di fare tante ipotesi su una tragedia.

E infine, che dire dell’incoscienza, dell’assoluta mancanza di buon senso che dimostra il giornalista – e con lui la direzione del Giornale – dando tanto spazio e risalto a un suicidio, e in pratica facendone l’apologia?
Solinas è al corrente di cosa sia il fenomeno della suggestione? È al corrente del fatto che il suo sgangherato pezzo può spingere molti altri, anch’essi gravemente malati di depressione, a fare lo stesso insano gesto di Monicelli?

Certo, adesso qualcuno urlacchierà che invochiamo la censura sulla stampa. No. Invochiamo l’intelligenza sulla stampa. Ma forse è un’impresa disperata.

E ci si consenta solo una piccola nota di chiusura.
Sulla tragedia di Moniceli ha voluto dire la sua anche quel signore, già apologeta dei cingoli che fraternamente massacrarono la libertà ungherese, già negatore della firma al Decreto Legge che avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro, e che ogni mese stipendiamo con le nostre tasse perché faccia il Presidente della Repubblica. Parliamo di Napolitano. Poteva tacere? Macché! Più invecchia, e più parla. E in tale occasione ha detto: “"Monicelli se n’è andato con un’ultima manifestazione forte della sua personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare”.

Vede, signor Napolitano, da qualche parte c’è scritto che Lei rappresenta l’unità nazionale. E allora Lei in questa occasione ha tradito il Suo compito, perché non rispettiamo “l’estremo scatto di volontà”. Rispettiamo il dolore infinito in cui sprofonda il suicida, rispettiamo il dolore che di sicuro stanno vivendo quanti lo hanno amato. Ma nel suicidio, in sé stesso, non c’è nulla di rispettabile. Per Monicelli pregheremo tutti, di sicuro; è stato un grande regista, amato da molti per i suoi ottimi film.
Se Lei, nell’intimo del suo animo, vuole rispettare il “gesto”, è liberissimo di farlo. Ma finché ricopre la carica che ricopre, dovrebbe avere il rispetto per la gran parte di Italiani che Lei, ancora una volta, non ha saputo rappresentare.
Il suicidio è morte, seppur auto inflitta. Noi amiamo la vita, di tutti. Lei, ancora una volta, non ha rappresentato l’unità nazionale, ha rappresentato le idee (chiamiamole così) del partito politico in cui ha passato la sua vita. Complimenti.


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