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LA FECONDAZIONE ETEROLOGA, UN'UTOPIA PSICHEDELICA




di Piero Vassallo



   La natura ha leggi inflessibili. Per diventare genitori occorre, ad esempio, che una qualunque coppia costituita da un maschio e da una femmina agisca in modo tale da unire il seme maschile con il seme femminile.
  L'artificio scientifico può sostituire l'accoppiamento secondo natura, ma non può far diventare genitore chi non ha combinato il proprio seme con il seme del partner.
  In altre e confortanti parole: la scienza, per quanti sforzi facciano gli scienziati, non è in grado di uscire dal solco tracciato dal senso comune. 
  La cultura moderna, peraltro, si è dimostrata capace delle più ardite e vertiginose acrobazie, ma non ha mai potuto elevarsi all'altezza dove si dimostra scientificamente la verità della sentenza che attribuisce la fecondità agli sterili, ossia l'essere al non essere.
  La fecondità di una coppia (comunque assortita) non può far diventare fecondità la sterilità di un'altra coppia. La fecondazione eterologa pertanto è un'utopia.
   Assurda e più che assurda comica è l'attribuzione della paternità e della maternità a due soggetti che hanno delegato a due altri soggetti la funzione di conferire quei semi fecondi, che danno inizio alla vita di un nuovo soggetto umano.
  Infatti nessuno può avere più di due genitori. Anche i profani sanno che in ginecologia gli embrioni sono sempre e comunque figli di due soli genitori. Un tempo in ambienti reazionari si diceva perfino che i figli non si fanno in gruppo.
  La titolare dell'utero che ospita il figlio concepito da due genitori-donatori, pertanto, non è madre  ma vivente incubatrice. Incubatrice di un figlio e nutrice di un'illusione patetica.
  Nel migliore dei casi la sua è una gravidanza isterica premiata (o meglio illusa) dall'artificio di un ginecologo d'avanguardia.
   A ben vedere la madre eterologa è autrice di un'adozione attuata con  mezzi innaturali aggirando ma non superando le indeclinabili leggi della natura.

  Perché allora si ricorre alla procreazione eterologa? Perché si pretende che la legge riconosca il diritto all'illusione di diventare genitori di figli concepiti da altri? 
  Alle coppie sterili la cultura realista offre un mezzo semplice e diretto per accedere alla paternità e alla maternità, l'adozione. Se non che gli aspiranti alla procreazione eterologa piuttosto che un figlio desiderano la soddisfazione dei loro sogni malsani.
  E' di qui che ha origine il problema che i giudici del tribunale fiorentino hanno rinviato alla corte costituzionale: dalla cultura mitologica, che solletica l'aspirazione impossibile, il desiderio onirico, e promuove la sua finta soddisfazione.
   Ora l'aspirazione alla paternità e alla maternità eterologa ha lontana origine e giustificazione dal progetto ultra rivoluzionario che intorno al Sessantotto era inteso al capovolgimento del principio di realtà.
   L'istigazione a immergersi nella torrida finzione, che rappresenta il superamento della realtà si legge, ad esempio, nell'accusa di fascismo che il guru sessantottino Herbert Marcuse rivolgeva contro il principio di identità e non contraddizione codificato da Aristotele; nell'escandescenza del pensiero selvaggio scatenata da Claude Levy-Strauss; nelle teorie di Theodor Adorno sulla musica eversiva e psichedelica; nelle teorie psichiatriche che nel delirio invece della malattia contemplavano la profezia sociale.
   Il risultato finale di queste istigazioni all'irrealismo e alla follia è l'esplosione del consumo di prodotti (ad esempio la cocaina e il viagra) che procurano al qualunque uomo l'illusione di possedere i poteri del superuomo ludico. 
   Illusione in cui non è difficile intravedere il passaggio del pensiero rivoluzionario dalla scienza di Marx alla fantasticheria dionisiaca di Nietzsche.
  E' dunque difficile pensare che la corte costituzionale possa risolvere il problema posto dal desiderio dei fecondatori eterologi. La corte costituzionale, infatti, agisce nel solco di una concezione positivista del diritto, cioè in una condizione che impedisce di vedere che il problema ha origine da una cultura avvelenata dall'irrealismo.
  La corte costituzionale, in definitiva, non ha la facoltà di uscire dal teatrino della politica, dove misura del giusto e dell'ingiusto sono i numeri dell'opinione corrente.
  Opinione che oggi corre nelle acque maggioritarie delle discariche inquinate dalla presenza massiccia della cocaina.
  Il compito di rovesciare l'incubosa dittatura dell'irrealtà compete pertanto alla Chiesa cattolica, baluardo della ragione e tradizionale argine alla barbarie del pensiero.
  In ultima analisi il futuro della nostra civiltà, oggi sotto lo schiaffo del delirio, dipende dal rigore con cui Benedetto XVI conduce la restaurazione della cultura cattolica, finalmente in uscita dai compromessi con la modernità un tempo suggeriti dallo spirito del concilio.



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