IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

DON CURZIO NITOGLIA E GLI EBREI











PREMESSA




Don Curzio Nitoglia ha scritto sul suo sito un articolo, dal titolo “Contro l’antiscemitismo”, che potete leggere cliccando su http://www.doncurzionitoglia.com/antiscemitismo.htm , nel quale affronta, con la sua consueta vivacità, il tema delicato dei rapporti tra cattolici ed ebrei ed esprime anche le sue opinioni su alcune affermazioni del Santo Padre.
Vi invitiamo a leggere il testo (che omettiamo per brevità), di don Nitoglia, non senza farvi presente che tale testo può suscitare, per alcuni suoi passaggi, legittime perplessità
Abbiamo quindi chiesto a Padre Giovanni Cavalcoli di aiutarci ad affrontare, con chiarezza e carità, questo argomento così importante. Ecco quanto ci ha fornito Padre Cavalcoli, utilizzando lo schema della confutazione e/o chiarimento delle singole affermazioni del testo esaminato
Desideriamo esprimere la nostra gratitudine a Padre Giovanni Cavalcoli, che ancora una volta si conferma amico e Maestro.

PD

-----------------------------------------------------------------


Don Nitoglia e gli Ebrei

di padre Giovanni Cavalcoli, OP


1.      Bisogna correggere l’insegnamento “pastorale” del Vaticano II e dunque non infallibile, qualora avesse rappresentato una “novità” rispetto al Magistero dogmatico e obbligante della Chiesa.

            Risposta.

            Effettivamente l’insegnamento pastorale di un Concilio non è infallibile, ma non può entrare in contraddizione con l’insegnamento dogmatico, perché si pone su di un piano diverso. Sarebbe come se dicessi che la pena di morte va abolita perché suppone una concezione errata della natura umana. Non può essere questo il motivo. Una prassi morale va criticata in base a princìpi morali non in base a princìpi teoretici. Per secoli la Chiesa ha permesso la pena di morte per gli eretici, ma questo non vuol dire che la Chiesa sbagliasse nell’insegnare le proprietà della natura umana. Non bisogna confondere l’errore morale (pastorale) con l’errore teoretico (dogmatico), anche se è vero che l’errore teoretico può causare l’errore morale.
            Gli insegnamenti sull’Ebraismo della Nostra Aetate costituiscono una migliore comprensione dogmatica dell’Ebraismo come dato rivelato (non come semplice realtà storico-sociologica) e di conseguenza ci danno norme nuove per l’atteggiamento che noi cattolici dobbiamo avere verso gli Ebrei. Queste novità pertanto non vanno viste come una smentita della tradizione dogmatica della Chiesa, ma al contrario appunto una sua migliore comprensione. E’ impensabile che un Concilio ecumenico insegni dottrine nuove di carattere dogmatico (questo è il caso della Nostra Aetate) che contrastano con la tradizione dogmatica, sì che abbiano bisogno di essere “corrette”. A parte il fatto che il nuovo non è necessariamente sbagliato solo perché è nuovo.
            Per questo gli insegnamenti della Nostra Aetate sugli Ebrei, in quanto migliore comprensione del mistero di Israele come mistero di fede, sono, come dice il Papa, “irrevocabili”, ossia infallibili; invece non si può escludere che certe indicazioni pastorali del medesimo documento possano essere meno opportune o anche errate, dato che in campo pastorale anche un Concilio può sbagliare.

2.      Papa Ratzinger definisce il popolo ebraico come attualmente ancora “Popolo dell’Alleanza”, quasi che la “Vecchia Alleanza” non sia stata sostituita dalla “Nuova ed Eterna”, nella quale sono entrati tutti i popoli (ebraico più le Genti), in virtù della Fede nella divinità di Cristo.

            Risposta.

            Qui il Papa parla in generale dell’Alleanza di Dio con l’uomo. Israele è l’unico popolo col quale Dio abbia stabilito, come narra la Bibbia, un’“Alleanza” in vista della salvezza non solo di Israele ma dell’intera umanità. Il Papa qui prescinde dalla differenza tra Antica e Nuova Alleanza: sempre di Alleanza si tratta. Egli non tocca l’insegnamento secondo il quale la Nuova Alleanza perfeziona o porta a compimento (non abolisce, non sostituisce né tanto meno smentisce) la Antica, cosa che è fuori discussione per il cattolico. Ma è chiaro che tale insegnamento è presupposto.

3.      Il Papa confonde volutamente “le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo”, come fossero una sola cosa. Ora, Gesù non era ariano né germanico, ma ha condannato e riprovato il giudaismo farisaico-rabbinico. Quindi, era teologicamente antigiudaico e non antisemita.

            Risposta.

            Posso capire la distinzione che Don Nitoglia fa fra antisemitismo e antigiudaismo. Ma qui è importante comprendere che cosa il Papa intende dire: egli condanna la mancanza di rispetto per il popolo ebraico, la si chiami con un nome o con un altro. E’ sottinteso che il Papa condivide le critiche che un cristiano può fare in nome della fede in Cristo ad un ebreo. In tal senso si può dire che egli è “antigiudaico” inteso come anticristianesimo tipo dell’ebraismo.

4.      Benedetto XVI asserisce che “la shoah” segna “il vertice del cammino dell’odio”, che voleva “uccidere Dio”. Purtroppo qui è evidente la portata teologica e “neo-dogmatica” della shoah quale “nuovo Olocausto”, che dovrebbe aver rimpiazzato quello di Cristo.

            Risposta.

            Non sovraccarichiamo di senso il significato di un’espressione oratoria, che quindi non va presa alla lettera, in senso dogmatico, quasi che il Papa, come vuol fargli dire don Nitoglia, voglia sostituire – cosa assolutamente impensabile in un Papa – il valore redentivo della Shoàh a quello della Croce di Cristo, benchè la Shoàh si possa in qualche modo vedere come una sua inconscia figura.

5.      Papa Ratzinger asserisce che nella Bibbia vi sono le “radici comuni” del “patrimonio spirituale” che “condividiamo” con l’ebraismo attuale.

            Risposta.

            Dovrebbe essere evidente: queste sono contenute nell’Antico Testamento, tuttora patrimonio comune di cristiani ed ebrei. Io come Frate domenicano tutti i giorni in coro recito quegli stessi Salmi che sono recitati dagli ebrei osservanti in tutto il mondo da duemila anni.

6.      Ratzinger ha rincarato la dose e ha parlato addirittura della “solidarietà che lega la Chiesa e il popolo ebraico a livello della loro stessa identità spirituale e che offre ai Cristiani l’opportunità di promuovere un rinnovato rispetto per l’interpretazione ebraica dell’Antico Testamento.         

Risposta.

            “Identità” qui non vuol dire che religione ebraica e cristiana siano identiche, ma la parola va presa nel senso di “propria caratterizzazione”, come si parla per esempio di “carta d’identità” per riferirsi ai caratteri propri di una data persona.

7.      Benedetto XVI spinge i cristiani a “rispettare la interpretazione ebraica della Bibbia”.

            Risposta.

            E’ evidente che il Papa si riferisce a quelle interpretazioni che sono compatibili con quella cattolica.

8.      Benedetto XVI afferma che Cristiani e giudaismo attuale “pregano lo stesso Signore”.

            Risposta.

            E’ vero, ma occorre fare una distinzione tra Dio in se stesso e Dio così come è conosciuto da cristiani ed ebrei. Dio in se stesso è uno solo: non c’è un Dio per i cristiani e un altro Dio per gli ebrei, non ci sono due dèi. Esistono invece due modi differenti di conoscere il medesimo Dio unico e vero, due nozioni di Dio: quella ebraica, che è imperfetta e quella cristiana che è perfetta, per quanto perfetta possa essere una conoscenza che si esprime in nozioni umane. Ma il Verbo di Dio, che conosce perfettamente Dio, ha voluto rivelarlo a chi crede in lui, ossia il cristiano, il quale possiede di Dio una piena conoscenza che l’ebreo non ha, pur possedendo quella verità sul medesimo Dio che è contenuta nell’Antico Testamento.

Considerazione conclusive

            Don Nitoglia va fuori strada quando sembra negare che nella Nostra Aetate vi sia un nuovo insegnamento dogmatico o quando sembra affermare che questo insegnamento sia in contrasto con quello tradizionale. Invece condivido la sua preoccupazione che oggi la Santa Sede abbia nei confronti degli Ebrei un atteggiamento di eccessiva indulgenza e quasi adulazione. Questo peraltro è il piano pastorale, per non dire diplomatico, dove la Santa Sede certamente non è infallibile.
            A questo proposito anch’io mi permetterei di esprimere due riserve circa la linea della Santa Sede nei confronti del Popolo Ebraico: da una parte mi pare di notare una eccessiva severità e quasi una certa parzialità; dall’altra, come ho detto, una specie di equivoco irenismo, che ha il risultato di inorgoglire certi gruppi ebraici e di smorzare le pur profonde differenze che esistono tra ebraismo e cristianesimo. Su questo punto Nitoglia ha perfettamente ragione.

            Per quanto riguarda la prima cosa, mi riferisco alla politica della Santa Sede nei confronti dello Stato di Israele. E qui esprimo una mia modesta opinione. E’ vero che il Popolo Palestinese ha i suoi diritti, tuttavia bisogna ricordarsi che, tra tutti i Popoli della terra, nella Bibbia il Popolo ebraico è l’unico che abbia ricevuto da Dio per rivelazione il suo territorio e la sua capitale.
           
            Per questo secondo me tali premesse non sono certo favorevoli a quegli Ebrei prepotenti e magari atei che vorrebbero cacciare i Palestinesi da Israele. Tuttavia, sempre secondo la mia opinione, la Santa Sede non dovrebbe mettere giuridicamente sullo stesso piano (vedi per esempio lo Statuto di Gerusalemme) Ebrei e Palestinesi, ma, per ragioni storiche e soprattutto bibliche, dovrebbe riconoscere una primazia ad Israele. Infatti, anche per noi Cristiani la Palestina non è forse la Terra Santa? Non è forse la Patria di Gesù e di Maria e degli Apostoli? Per cui, secondo me, proprio per rispetto di questi Nomi santissimi, noi cristiani non possiamo essere indifferenti alle giuste rivendicazioni di Israele circa il suo territorio.

            Per quanto riguarda la seconda cosa, qui devo dire che la Santa Sede ha imboccato una strada che porta all’equivoco e all’indifferentismo religioso. Il Concilio ha dato delle ottime direttive circa il dialogo interreligioso, ma il guaio è che queste direttive non sono seguite dallo stesso livello dirigenziale della Santa Sede. Mi riferisco ad un certo modo irenistico ed inconcludente di portare avanti questo dialogo, senza mai entrare in merito a quegli errori che le altre Religioni devono abbandonare al fine di avvicinarsi a Cristo.

            In altre parole esiste a livello delle attività della Santa Sede una spaccatura tra ecumenismo ed evangelizzazione. Si parla sì molto di evangelizzazione, ma in nome di un ecumenismo pasticcione si trascura quell’aspetto dell’evangelizzazione che consiste nella correzione fraterna, nella confutazione degli errori e nell’invito fatto ai fedeli delle altre Religioni di entrare nella Chiesa Cattolica.



Vuoi scrivere un commento su questo articolo? Clicca qui

Vuoi tornare a RISCOSSA CRISTIANA – home? Clicca qui