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TOMAS TYN E LA TRADIZIONE CATTOLICA



di P.Giovanni Cavalcoli, OP


E’ nota a tutti la questione sollevatasi a partire dalla fine del Concilio Vaticano II, presso alcuni ambienti cattolici, ma poi riecheggiata in tutta la Chiesa, se gli insegnamenti dottrinali del Concilio sono o non sono in linea con la precedente Tradizione, in particolare quella fonte della rivelazione divina che per la Chiesa cattolica è chiamata “Tradizione apostolica” o “Sacra Tradizione”, la quale, come fonte orale, insieme con la Sacra Scrittura compone l’insieme delle verità della dottrina della fede cattolica. E’ chiaro peraltro che anche la Sacra Tradizione è stata messa per iscritto, benché continui la Tradizione orale nel Magistero vivo della Chiesa lungo i secoli.

Può destare sorpresa che questa grave questione, che tocca la continuità e l’immutabilità della verità di fede, sia sorta in seno ad un’area della stessa Chiesa cattolica - la famosa comunità di Mons.Marcel Lefèbvre, che era stato uno dei Padri del Concilio -, quando ogni cattolico sa che i decreti dottrinali di un Concilio ecumenico - si tratti o non si tratti di dogmi solennemente definiti - sono infallibili, in quanto formulati con l’assistenza dello Spirito Santo.

Eppure fu proprio questa l’angoscia e la delusione di questi cattolici, i quali interpretarono o credettero di dover interpretare alcuni documenti conciliari - soprattutto quelli concernenti la natura della Chiesa, il concetto di Rivelazione, l’evangelizzazione, l’ecumenismo, il dialogo con le altre religioni e il decreto sulla libertà religiosa - come se questi contenessero proposizioni di carattere “modernistico”, che, come tali, non potevano evidentemente comporsi con la tradizione precedente.

Su cosa potè poggiare tale interpretazione del Concilio? Su tre fattori:

1. sul fatto che effettivamente alcune sue espressioni non erano del tutto chiare e davano appunto ansa a quell’interpretazione;

2. sul fatto che il Concilio appariva piuttosto blando nel condannare gli errori moderni;

3. sul fatto che alcuni teologi famosi, che avevano dato un contributo all’elaborazione dei documenti conciliari, negli anni seguenti sostennero un’interpretazione modernistica del Concilio che non incontrò condanne significative da parte della Chiesa ed anzi ottenne un enorme successo in vasti ambienti non solo della cultura cattolica, ma anche dello stesso episcopato e degli ambienti teologici ufficiali ed accademici della Chiesa.

I lefevriani, per sentirsi autorizzati a rifiutare le novità dottrinali del Concilio, hanno preso a pretesto il suo carattere “pastorale”, sapendo che su questo piano la Chiesa non è infallibile. Senonchè, come è noto, il Pontefice attuale ha posto a loro come condizione per la loro piena comunione con la Chiesa l’accettazione delle “dottrine” del Concilio, segno che il Concilio non è stato solo pastorale, ma anche dottrinale.

I Papi del postconcilio e molti interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede e di altri organismi della Santa Sede, zelanti vescovi ed autorevoli teologi si sforzarono e si sforzano bensì di smentire quell’interpretazione sbagliata proponendo quella autentica presentata dallo stesso magistero postconciliare e criticando l’interpretazione neomodernista, come fecero i cardd.Siri, Ottaviani, Scheffczyk e Parente e il Padre Cornelio Fabro, e come sta facendo lo stesso Papa attuale. Ma purtroppo questa loro azione poco sinora ha giovato a chiarire le cose, e i due schieramenti – lefevriani e modernisti – hanno continuato e continuano ad esistere ancor oggi.

Il Papa attuale, col garbo e col tatto ma anche con la fermezza e il coraggio che caratterizzano la sua azione pastorale, sta tentando di risolvere una buona volta questa situazione scandalosa, - lo scandalo non è solo quello della pedofilia - che comporta di fatto, anche se non sempre apertamente, una grave ed intollerabile divisione nella Chiesa che tocca ciò che la Chiesa ha più a cuore: la purezza della dottrina, dalla quale solo proviene quella purezza ed integrità di costumi morali, delle quali oggi tutti, cattolici e non cattolici sentiamo estremo bisogno. Come possiamo noi cattolici essere credibili nel dialogo ecumenico ed interreligioso, se poi non dialoghiamo tra di noi? Se non ci correggiamo mutuamente nella verità e nella carità?

In questa situazione agitata, ma non priva affatto di “sentinelle”, di germi di speranza e di fari luminosi, emerse alla ribalta della teologia cattolica negli anni ottanta del secolo scorso, una luminosa figura di teologo domenicano, prematuramente scomparso, il Padre cecoslovacco Tomas Tyn, rifugiatosi nel 1972 in Italia per sfuggire alla tirannide comunista allora operante nella sua Patria. Di questo Religioso, coraggioso ed esemplare, che offerse la sua stessa vita per la liberazione della Patria, è in atto dal 2006 la causa di beatificazione nella diocesi di Bologna, dove egli visse sino al 1990.

Padre Tomas si professava apertamente “tradizionalista”, pur non avendo nulla a che fare col movimento scismatico di Mons.Lefèbvre e senza per questo rifiutare in nulla gli insegnamenti del Concilio, anzi insegnandoli e lodandoli apertamente. Padre Tomas aveva saputo interpretare il Concilio secondo quella “esegesi di continuità nel progresso”, che è quella chiave di lettura che più volte ci ha offerto Papa Benedetto XVI.

Su questa linea sono stati e sono studiosi di alto livello e vasta cultura, appartenenti a un sano “tradizionalismo”, come l’illustre teologo romano Mons.Brunero Gherardini e il grande storico del pensiero cattolico Romano Amerio, scomparso qualche decennio fa.

Per vedere la continuità del Concilio con la Tradizione non basta saper interpretare rettamente lo stesso Concilio, ma occorre anche attenersi ad un autentico concetto cattolico di “tradizione”, quella che ho chiamato sopra “Tradizione Sacra o Apostolica”: questa solo è divina, immutabile, intangibile ed inviolabile fino alla fine dei secoli. E pertanto è assolutamente impensabile che il magistero della Chiesa possa mai cambiarla, dimenticarla o falsificarla. E ciò per la promessa stessa del Signore agli Apostoli ed ai loro Successori, i Vescovi sotto la guida del Successore di Pietro, il Papa, promessa valida sino alla fine del mondo.

Lo stesso magistero vivo della Chiesa (Vescovi uniti al Papa), dunque, lungo i secoli, è l’interprete infallibile sia della Tradizione che della Sacra Scrittura, avendo Cristo affidato a lui la custodia, l’interpretazione, la trasmissione, la diffusione e la difesa della verità del Vangelo. Per quanto concerne in particolare la questione di discernere tradizioni umane, opinabili e caduche dalla Sacra Tradizione, il cattolico ha nel Magistero il criterio sicuro ed infallibile.

Su questa linea è stato Padre Tomas, e pertanto il suo esempio e il suo insegnamento sono oggi di particolare affidabilità e utilità per sbrogliare l’intricata matassa nella quale la Chiesa si trova, intralciata nel suo cammino dal contrasto tra un conservatorismo retrivo e fondamentalista e un neomodernismo arrogante e autoreferenziale, mentre una grande massa di fedeli resta perplessa davanti a questi contrasti, per lei irresolubili o scambiati per normale “pluralismo”.

Ma Padre Tomas non è certo l’unico in questo quadro di chiarificazione, di vero rinnovamento e di avanzamento della Chiesa nella speranza, nella pace e nella concordia. Nuovi movimenti sono recentemente sorti e stanno sorgendo - si pensi anche ai nuovi siti web cattolici - , mentre Ordini antichi, come quello Domenicano, al quale ho l’onore, la gioia ed anche la responsabilità di appartenere, l’Ordine che ha accolto, educato e formato nel suo seno un Padre Tomas Tyn, porta anch’esso i germi della speranza per la Chiesa e per gli uomini del nostro tempo.


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