IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

MASCHIO E FEMMINA LI CREÒ



di P.Giovanni Cavalcoli, OP


Al recente Meeting di Rimini c’era uno stand curato dal Ministero delle Pari Opportunità presieduto dalla Ministra Carfagna, dove si proponeva una triplice scelta: omosessualità-eterosessualità-indifferenza e si suggeriva di votare per quest’ultima.

Credo di aver colto un aspetto accettabile di questo slogan: diamo a tutti pari opportunità, senza esclusivismi e privilegi e quindi senza ingiustizie. In questo senso sarei d’accordo. Ma questo slogan si presta anche ad un’altra interpretazione, che potrebbe sottendere un’antropologia sessuale e quindi una prospettiva etica incompatibili con una sana visione, scientifica e filosofica moderne dell’essere umano “maschio e femmina”, visione confermata dalla fede cristiana, quella fede che produce una cultura cattolica della quale credo noi cattolici ci aspettiamo che il prestigioso Meeting possa e debba essere un’espressione incisiva.

Qual è questa visione inaccettabile e falsa? Il ritenere la determinazione sessuale o il campo della sessualità non come una dimensione naturale ed essenziale della persona umana (benchè radicata nell’animalità), ma come un qualcosa di estrinseco alla persona o di convenzionale o, come si dice, “legato alla cultura”, oggetto di legittima manipolazione, un qualcosa di variabile o determinabile dalle nostre libere scelte o dalle operazioni della tecnica, quindi in fin dei conti una specie di optional, dove ognuno struttura la sessualità in modo soggettivo secondo le proprie preferenze individuali, come se la sessualità non fosse un dato universale ed oggettivo dell’essere umano come tale (animal rationale, secondo la famosa definizione aristotelica), e quindi come se, di conseguenza, le norme etiche di fondo della sua sessualità non fossero leggi morali naturali oggettive ed immutabili, ma fossero soggette all’arbitrio dei singoli o alla tendenza delle mode o alle contingenti disposizioni del diritto civile o delle decisioni dei governanti o della politica o dei gusti del momento.

Il concetto di uomo che sta alla base di questa visione è quella di un soggetto indipendente dall’esser maschio o femmina, un soggetto sessualmente indeterminato ed amorfo, di tipo puramente generico – questa visione parla appunto di “genere” (gender) – il “genere umano”, per il quale le forme della sessualità non avrebbero un’essenziale finalità unitiva uomo-donna in vista della generazione ed educazione della prole (matrimonio), ma sarebbero sottomesse ad una pluralità di libere scelte dettate dalle convenzioni, dal piacere, dall’emotività, dalle pulsioni psichiche o in casi particolarmente sofisticati, da teorie o simbologie esoteriche o pseudospirituali, non estranee alla magia ed alla superstizione.

Non c’è dubbio che le funzioni legate alla mascolinità ed alla femminilità hanno un aspetto secondario o accidentale e dipendente da convezioni od usi che variano a seconda dei tempi e dei luoghi, ma dovrebbe esser certo per tutti che tali elementi aggiuntivi si radicano su di una realtà umana maschio-femmina che costituisce il fondo e l’essenza stessa dell’essere umano e quindi origina, come dice la Scrittura, dall’azione stessa creatrice di Dio. E’ solo così che è garantita la sanità e l’esistenza stessa del “genere” umano.

Invece, nella suddetta visuale relativistica, un fenomeno come l’omosessualità appare una scelta come un’altra, alla pari del matrimonio. E la legge civile (alcuni vorrebbero anche la legge ecclesiastica) deve assicurare pari opportunità e diritti sia alle coppie matrimoniali che a quelle omosessuali. Ma i doveri possono essere alla pari?

Ecco la questione dei cosiddetti “matrimoni gay”. Favorevoli? Contrari? Io farei una distinzione. Nel mio ministero sacerdotale ho occasione di incontrare laici e qualche volta anche preti omosessuali. Sono sempre colpito dalla delicatezza della loro coscienza, dalla loro maturità morale, dal loro desiderio di conquistare la virtù e di liberarsi dal vizio e dal peccato. Sanno benissimo che l’omosessualità è peccato. Ed io conosco bene la misericordia di Dio che viene incontro a queste persone, nelle quali il pentimento e il desiderio di correggersi e di migliorarsi si combina con uno stato di condizionamento oggettivo del soggetto, che attenua la colpa.

Ma quello che non è accettabile è fare dell’omosessualità una specie di “nuova umanità”, un vanto o una specie di ideale morale. Gli omosessuali onesti e consapevoli di quella che è la vera dignità umana respingono sdegnosamente quest’atteggiamento ipocrita, adulatorio e falsamente accondiscendente, che non li aiuta affatto, ma li lascia nella loro difficoltà, falsamente presentata come diritto e pari opportunità.

Omofobia non è il sapere e far sapere che l’omosessualità è un difetto e un peccato, ma è il disprezzo farisaico nei confronti degli omosessuali, essi pure rivestiti della dignità umana, redenti dal sangue di Cristo e chiamati alla santità.

Conosco anche casi di coniugi dove almeno uno dei due è omosessuale; ma persone di questo genere, che vengono nel mio confessionale, si guardano bene dal mancare di rispetto per la moglie o per la propria mascolinità e si sforzano lodevolmente di vincere quello che giustamente, umilmente e saggiamente considerano un proprio difetto.

E del resto chi tra di noi è privo di difetti? Sono invece da disapprovare i cosiddetti “matrimoni gay” nei quali lo stesso esercizio dell’omosessualità pretende di presentarsi come programma di vita ed espressione di cultura e libertà, come se si trattasse di un’ideale di umanità.

Qui occorre che non solo la Chiesa ma anche l’ordinamento civile assuma un atteggiamento sì di comprensione e di tolleranza, ma senza giungere al punto di perder di vista le esigenze della legge morale naturale e del vero amore, perché uno sbaglio di questo genere nel campo della sessualità, come dimostra la storia, conduce inesorabilmente un popolo alla decadenza genetica e al limite alla scomparsa fisica.

Infatti la normalità sessuale tocca l’esistenza stessa della persona. Da qui il rischio che quel popolo si estingua o quanto meno cada sotto il dominio di popoli geneticamente più sani. Mai come oggi la Chiesa, sulla scorta della Bibbia, ci ha chiarito che l’etica sessuale è un’etica della vita, fonte e regola del vero piacere e del vero amore.

Dio non voglia che il popolo italiano, frastornato da cattivi maestri, si ponga su di una strada di morte dopo aver per duemila anni ricevuto la luce di quel Vangelo che indica all’uomo e alla donna, come dimostra la storia cristiana, la via della loro vera dignità e felicità.


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