di Alessia Affinito
Lo ha spiegato perfettamente, a credenti e non credenti, Benedetto XVI nella sua ultima enciclica Caritas in Veritate. La crisi che dal settembre
Nella sua approfondita relazione annuale,
L’elemento di estremo interesse nelle parole della Marcegaglia, sul quale vale la pena riflettere, è a ben vedere l’accento posto su un fattore per così dire “immateriale”, indicato come decisivo nel declino italiano. In altre parole, all’opinione corrente che tende a fare della qualità e della tipologia della legislazione la causa - e dunque la chiave risolutiva - dei problemi strutturali della nostra economia,
Un’economia realmente libera ed “umana”, al contrario, esige che l’accesso al mercato del lavoro – ma più in generale ad un qualsiasi ruolo di responsabilità - avvenga per tutti alle medesime condizioni d’ingresso e sulla base di una vera concorrenza, a prescindere cioè dalla rete clientelare o familiare cui si appartiene per nascita. Si tratta della cosiddetta “eguaglianza delle opportunità”, del tutto sconosciuta in Italia. Queste andrebbero pertanto distribuite non sulla base di un criterio di favore - prescindendo così dal valore della persona e dalle sue effettive capacità - ma di un criterio che tenga conto esclusivamente delle qualità di chi si candida per un certo ruolo. Da questa capitale differenza – riconducibile a due distinte visioni del rapporto Stato-individuo - derivano importanti conseguenze macroeconomiche. Laddove a prevalere è il criterio meritocratico, ad esempio, anche una contrattazione flessibile o condizioni lavorative prive di ampie tutele non risultano necessariamente d’ostacolo allo sviluppo, dal momento che sarebbe antieconomico prima di tutto per un’impresa rinunciare ad un dipendente capace, inducendolo ad andarsene a causa di pessime condizioni d’impiego. Inoltre, come insegna il caso americano, se è più marcata la flessibilità è tuttavia consentito anche un equo e rapido reinserimento attraverso una nuova occupazione. Quando si verifica il contrario di tutto ciò - e dunque assenza di trasparenza e prevalenza di meccanismi cooptativi – saranno inevitabili anche gravi inefficienze e sprechi, i cui costi vengono scaricati nel tempo sull’intera collettività. Il caso-Italia ne è un triste esempio.
Da un punto di vista morale parliamo quindi del mancato rispetto di un principio di giustizia, intesa come equità, che per gli autori classici costituiva non a caso l’asse portante di ogni aggregazione umana, quel che le consentiva di stare in piedi e di sopravvivere. Più recentemente si ritrova la centralità di tale principio anche nelle riflessioni di teoria politica sviluppate da autori come Rawls o Sen, tese a rielaborarlo alla luce di una sempre più marcata crisi del welfare e del fenomeno-globalizzazione. Ma l’obiettivo di Confindustria - in una fase critica come l’attuale - è anche quello di risvegliare il senso della responsabilità individuale: ciascuno è chiamato a riconsiderare quale tipo di decisioni prendere, qui ed ora, nell’ambito delle proprie attività, per operare in modo giusto. L’alternativa infatti è quella di limitarsi ad accusare lo stato della legislazione, o la struttura burocratica, per le costose inefficienze esistenti.
La giustizia sociale non può ottenersi a partire da una norma o da un’imposizione “dall’alto” – è anche uno dei fondamentali insegnamenti della Caritas in Veritate - ma prende le mosse da un rinnovamento morale ispirato al rispetto di alcuni princìpi fondamentali, che ha come soggetto la singola persona. E’ questa a dover essere educata, e non il sistema nel suo complesso ad essere modificato, come preteso invece dai migliori totalitarismi. Tali princìpi si rivelano così non solo necessari per la crescita armonica dell’individuo, ma essenziali anche per la stabilità e il benessere di una comunità.
La felice sintonia tra la prospettiva di Benedetto XVI e le parole del Presidente degli imprenditori italiani può essere dunque il segno che si va affermando una decisiva consapevolezza, finora oscurata. La complessità dei problemi che l’Italia si trascina da tempo non ha speranza di risoluzione se non a partire da una rinnovata coscienza dell’impegno personale e quotidiano di ciascuno, ispirato alla giustizia e alla responsabilità verso l’altro.
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