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LA COLONNA E IL MARE - recensione di Piero Vassallo


di Piero Vassallo


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Fedele specchio del "lucido smalto della contraddizione", l'intrepido Tommaso Romano, viaggiatore assetato di novità e autore del saggio "La colonna e il mare", uscito in questi giorni dai torchi della palermitana ISSPE, si addentra nella foresta dei simboli per la raccolta delle schegge di sapienza baluginanti fra le righe multiformi e per lo più fallaci dell'umana enciclopedia.

Fascinoso-pericoloso, il mare, per il suo mistero profondo e per le sue insidie, è diventato simbolo "del flusso del divenire". La colonna, invece, "è per antonomasia simbolo di perennità, supporto e asse della costruzione, collegandone i livelli e confermandole stabilità, è ciò che rende stabili il tempio nella sua forma fisica e spirituale, ... simbolo di archetipi ed anche di costanza, prudenza, forza".

La passione spinge la curiosità al largo del mare, incostante, folle e violento. E la fedeltà alla "colonna", incoraggia la prudente discesa nelle acque tempestose-avventurose della storia filosofica, dove si possono raccogliere, collezionare - ancorare - i semi della verità.

L'imprevedibile verità si può trovare nelle schegge piantate nel cuore stravagante del contrario pensiero. A patto che la ricerca delle cose che uniscono sia illuminata dalla coscienza delle cose che dividono.

Tommaso Romano sa coniugare l'intransigente verità con la carità soggiacente al desiderio di allargare la vista sulla verità dei frammenti. Spregiudicato, contempla la luce emergente anche dalle pagine fumose, scritte dai più ostinati e fanatici negatori.

Si muove nella scena della cultura cattolica naufragante nella palude della concordia, della conciliazione, della tolleranza ad ogni costo.

Rammenta Tommaso Romano: "La cattiva e modernistica lettura del depositum fidei del Vaticano II, già avvertita come fumo di Satana da Paolo VI, ha provocato i disastri noti, la perdita progressiva della partecipazione dei fedeli ai precetti, la netta diminuzione delle vocazioni, il disordine morale di tanti sacerdoti fino allo scandalo non ammissibile della pedofilia".

Negli ambulacri della tolleranza senza verità, si aggira ultimamente la triste e oscena coppia di nuova teologia e pedofilia, unione celebrata dal catechismo gnostico dei belgi.

La dottrina spacciata dalla conferenza episcopale di Suenens, il capofila dei novatori al concilio Vaticano II, contempla un capitolo sull'educazione sessuale scivolante verso l'untuosa pedofilia.

Consapevole dell'invincibilità della Chiesa cattolica, invincibilità peraltro ben visibile nella fermezza con cui Benedetto XVI affronta e confonde i teologi deliranti e devianti, Tommaso Romano non si scompone davanti allo spettacolo della crisi: "Valga comunque il saper tirar dritto, il sempre eccelso riferimento al Dante del non ti curar di lor ma guarda e passa, che nella temperie in crisi del nostro tempo, sappia stabilire le necessarie distanze".

Il rigore di Tommaso Romano tuttavia sembra affievolito (forse per l'influsso obliquo delle suggestioni emanate da alcune pagine di Emanuele Samek Ludovici) nelle dense, colte ma anche sconcertanti pagine dedicate alla discendenza gnostica dell'individualismo.

"Il sottosuolo che farà germogliare (non senza inciampi e ostacoli) nella modernità la pianticella dell'individualismo, ha una forte radice antica. Riassumibile nel tentativo di uscire dal mito e dal dogma del Dio ebraico - cristiano delle Chiese, delle caste e del Dio esclusivo e ordinatore della totalità, quale fondamento della successiva teologia islamica".

Sorge il dubbio che queste pagine siano suggerite dallo smarrimento dello studioso davanti alla dirompente minaccia dell'islam e dalla tentazione di leggere in essa la fedeltà alla teologia di Mosé.

La perplessità è in qualche modo alimentata dalla citazione degli autori ultimi che hanno in qualche modo ripetuto il tentativo gnostico (sventato dall'Apostolo Giovanni) di separare Cristo dal Padre: "In nome della realtà umana affrancata dalla tirannia vincolante e pure oltre la laicità ma anche verso una sacralità, come hanno dimostrato Mircea Eliade ed Elemire Zolla, è frutto di conoscenza, intuizione e profondità, che pure può ammettere l'esistenza del Dio del Pensiero libero".

La fedeltà alla lettera della teologia cattolica emerge nitida nelle commosse pagine dedicate a Francesco Grisi. Tommaso Romano legge una confessione di Grisi morente - "Quando il domani non esiste più anche l'isola dei sogni scompare" - e coglie la profonda intonazione religiosa dell'anima rassegnata-rasserenata dalla perdita del futuro. Guadagno infinito nella perdita dell'attesa mondana, onde Grisi poté esclamare: "Dio non è futuro ma tutto presente-eternità. Dio è amore e morente io sono in attesa dell'amore" .

Interessante è anche la tesi sulla biografia come scienza. Il saggio indica le vie al superamento del mortificante programma della rivista "Annales", "tesa a promuovere, andando oltre le biografie esemplari degli uomini illustri, una storia sociale in cui l'individuo non veniva preso in considerazione in quanto tale, ma come parte della società tanto da far scrivere a Lucien Febvre, nel 1922, che l'oggetto dello studio della storia non l'uomo mai l'uomo, bensì la società umana, il gruppo organizzato, in quanto l'individuo non è altro che ciò che la sua epoca e il suo stato gli permettono di essere".



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