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LETTERA A MARCELLO VENEZIANI SULLA CULTURA DI DESTRA



di Piero Vassallo


La destra tra futuro e cimitero


Nel "Giornale" del 7 luglio Marcello Veneziani ha pubblicato un articolo, "La tiritera sulla destra", come al solito acuto e frizzante (ecco due qualità che raramente si trovano coniugate nelle pagine dei giornali).

La diagnosi di Veneziani sui grilli parlanti e sul tramonto della cultura di destra, quale era interpretata dai militanti degli anni Settanta e Ottanta è largamente condivisibile.

Quella cultura, sedicente di destra, infatti, oscillava (vaneggiando e infuriando) tra le suggestioni esoteriche di Julius Evola e il turismo mentale di Armandino Plebe.

Era cultura di nome, ossia strumento della politica circense condotta da Giorgio Almirante sul binario del doppio pensiero. Una politica ridotta a sofistica, in obbedienza alla vocazione crepuscolare descritta da Michele Federico Sciacca.

L'immagine di quella cultura di destra era rappresentata dal leader missino, che conduce la campagna antidivorzista con la veste di bigamo conclamato.

Veneziani è dunque condivisibile, quando, sepolta la figura contorta della destra almirantiana (e ultimamente finiana), presta attenzione alla cultura quale sensibilità diffusa, una mentalità, un sentire e un pensare animate da un amore della tradizione, della comunità, del senso religioso della vita.

Se non che la mentalità animata da un amore della tradizione, della comunità e del senso religioso della vita è la radice di quella destra ideale, cui, secondo la felice definizione di Clemente Solaro della Margarita, appartengono quanti hanno a cuore il bene della religione e della società civile.

Nell'età moderna la destra ha origine dall'insorgenza popolare contro il giacobinismo e contro le oppressioni oligarchiche. Radice della destra è la fede cattolica e l'amore per la giustizia.

E' il senso religioso della vita che ha animato la rivolta dei vandeani e dei Viva Maria contro un potere politico che intendeva soffocare la religione sottomettendola al potere mondano.

Al proposito è necessario rammentare che il contenzioso religione - potere ha una lunga storia: cesaropapismo, ghibellinismo, assolutismo, gallicanesimo, giuseppinismo. Considerazione, questa che impedisce il cammino della cultura verso l'ideologia reazionaria, cui aderiscono da destra e da sinistra - in un grottesco frullato - neomassoni, neopagani, neoghibellini, neogaribaldini e neonazisti.

Il movimento dei Viva Maria, infatti, nasce per contrastare la politica giuseppinista dell'arciduca di Toscana e la teologia progressista del vescovo di Pistoia.

La confusione di cultura della destra e cultura della reazione è pertanto arbitraria.

Dobbiamo dunque cercare le radici della vera destra nelle opere dei grandi pensatori del Novecento che hanno manifestato fedeltà alla tradizione e al diritto naturale: Giorgio Del Vecchio, Augusto Del Noce, Michele Federico Sciacca, Cornelio Fabro, Nicola Petruzzellis, Francisco Elias de Tejada, Marino Gentile, Antonio Livi.

Il disgusto e la pena che procura la destra interpretata maldestramente (avverbio perfetto...) e abusivamente da Fini e dai suoi intellettuali facenti futuro, non deve incoraggiare la fuga dall'area di appartenenza.

Come afferma Veneziani la buona cultura non è una conventicola, un partitino di intellettuali, ma qualcosa di più vasto. Di più "vasto" e di più "profondo". La vera cultura, infatti, ha fondamento (profondo, appunto) nel senso religioso della vita.


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