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IN RICORDO DI FRANCESCO COSSIGA



di Redazione



26 luglio 1928 – 17 agosto 2010. Francesco Cossiga ci ha oggi lasciato, dopo un breve ricovero ospedaliero, durante il quale si erano alternate notizie allarmanti e speranze.

Di fronte alla morte ogni parola rischia di essere di troppo, e senza alcun dubbio la prima cosa da fare è pregare il Signore perché Francesco Cossiga sia accolto nella Sua pace.

Ma Cossiga ha vissuto una avventura umana intensissima e quindi ci permettiamo solo di spendere poche parole, perché è giusto celebrare un Uomo che ha concepito la sua attività politica come servizio per il bene comune e dedizione alla Patria.

Democristiano fin da giovanissimo – si iscrisse alla DC all’età d diciassette anni – Francesco Cossiga è sempre stato un elemento anomalo nel grande grigiore democristiano, una personalità troppo forte per essere compressa in liturgie di partito. Da giovane segretario della DC sarda, a deputato, a Ministro degli Interni, Capo del Governo, e infine da Presidente della Repubblica, non fu mai un uomo da “governi balneari” o da tranquillo vivacchiare sotto le ali del partito.

Cossiga era un cattolico e un uomo libero, due caratteristiche che difficilmente possono esistere disgiunte. Le sue azioni da politico, soprattutto in una carriera di oltre cinquant’anni, possono essere discusse, lo furono e lo saranno, come per ogni uomo di Stato, che deve operare delle scelte, che deve sapere, quando è il caso, anche essere impopolare, che deve sapere anche quando rischiare.

Ma non ci interessa qui studiare la politica di Cossiga. Ora egli è affidato alla Storia, e la Storia non si scrive mai sulla base delle emotività inevitabili in momenti di lutto.

Siamo però convinti che Francesco Cossiga abbia lasciato in eredità a tutti noi esempi e messaggi di grande rilevanza morale, e su quelli, e solo su quelli, vogliamo soffermarci per qualche istante.

Cossiga fu un cattolico, né ebbe mai timori di celare la sua fede e di averla come punto di riferimento per la sua attività.

Al presidente della Camera ha lasciato una frase che i nostri politici faranno bene a mandare a memoria: Professo la mia fede nel Parlamento espressione rappresentativa della sovranità popolare, che è la volontà dei cittadini che nessun limite ha se non nella legge naturale, nei principi democratici, nella tutela delle minoranze religiose, nazionali, linguistiche e politiche”. Naturalmente affinché questi insegnamenti abbiano frutto, molti dovranno chiarirsi le idee su cosa sia la “legge naturale” (ndr)

''E' anche vero che io abbia una origine familiare di grandi tradizioni repubblicane, antifasciste, radicali e massoniche. Ma non sono stato e non potrò mai essere massone perché sono cattolico'', (16 ottobre 2009, sui suoi rapporti con la massoneria).

Fu per me un grande onore servire immeritatamente e con tanta modestia, ma con animo religioso, con sincera passione civile e con dedizione assoluta, lo Stato italiano e la nostra Patria, nell'ufficio di Presidente della Repubblica.” (dalla lettera a Napolitano)

Cossiga fu un cattolico e un Uomo, al maiuscolo, perché ebbe il coraggio della responsabilità e della verità, due doti così poco diffuse.

Quando le sinistre vollero menar scandalo per le vicende della “Gladio”, Cossiga ne ammise tranquillamente l’esistenza, necessaria per difendere il Paese dal pericolo comunista. E ricordando le elezioni politiche del 1948, nelle quali si giocò il destino dell’Italia, dichiarò con molta chiarezza: ''Io facevo parte di una formazione di giovani democristiani armati, armati dall'arma dei carabinieri, per difendere le sedi dei partiti e noi stessi nel caso che i comunisti, perdute le elezioni, avessero tentato un colpo di stato''. (11 gennaio 1992, rievocando le elezioni del 1948)

Da ultimo, torniamo alle giornate terribili del sequestro di Aldo Moro e del suo crudele esito. Cossiga, allora Ministro degli Interni, non ebbe esitazioni ad assumersi la responsabilità oggettiva dell’accaduto, e rassegnò le dimissioni dalla carica. Ma soprattutto, cosa più unica che rara, le mantenne.

La tragica vicenda di Aldo Moro segnò senza dubbio la sua vita. Con grande franchezza dichiarò (15 febbraio 2001): ''Io ho concorso ad uccidere o a lasciar uccidere Moro quando scelsi di non trattare con le Br e lo accetto come mia responsabilità, a differenza di molte anime candide della Dc''.

Chi sa parlare così, è un Uomo.

I giornali ci forniranno un ampio campionario sulle sue “picconate”, specie nell’ultimo periodo in cui resse il Quirinale. Cossiga si tolse molti sassolini dalla scarpa, spesso fu colorito e provocatore, mai si abbandonò alla ferocia degli attacchi al nemico, che sembrano divenuti la prassi attuale.

Vorremmo chiudere con una sola frase: Professor Cossiga, grazie per quanto ci ha dato, per quanto ha fatto per la Patria, per quanto ci ha insegnato


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