IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

TOMAS TYN E IL MODERNISMO



di P.Giovanni Cavalcoli,OP


E’ ormai da qualche decennio che è segnalato un risorgere di modernismo all’interno della Chiesa da parte di movimenti tradizionalisti, che hanno creduto di trovare tracce di modernismo nello stesso Concilio Vaticano II. Questo giudizio non equilibrato ha fatto sì che il loro allarme non sia stato finora preso troppo sul serio. Ma tale allarme fu lanciato a suo tempo anche da un teologo non certo sospetto di conservatorismo, come il Maritain e da Tomas Tyn, del quale abbiamo già avuto modo di occuparci in questo Sito.

Quanto al Tyn, come ho detto in un mio precedente articolo, si può considerare (ed egli stesso si considerava) un “tradizionalista”; ma lo era senza mancare di rispetto agli insegnamenti del Concilio e degli ultimi Papi. Per questo egli giudicava severamente il movimento lefevriano.

Ritengo oggi provvidenziale il tradizionalismo tyniano, - per la sua originalità mi vien voglia di chiamarlo “tynismo” e lo consiglio a molti - un tradizionalismo raffinato, raro e prezioso sulla scena dell’odierna teologia, la quale, benchè a volte sedicente cattolica o volendo anche essere cattolica, in realtà è spesso portata a posizioni di parte, poco scientifiche, sincretistiche e di corto respiro. Si punta molto sulla storia e sullo stile letterario (magari gustoso, ma che lascia il tempo che trova), manca la forza, l’acutezza e la lucidità del pensiero.

Manca, direbbe Hegel, lo “spirito di sistema” (con ciò non voglio dire che condivido il sistema hegeliano!). Penserei piuttosto al sistema di S.Tommaso d’Aquino. Anche Padre Tyn, nonostante sia morto in giovane età e non abbia potuto portare a piena maturazione il suo pensiero, aveva la tempra di un grande pensatore sistematico e speculativo.

E Dio sa quanto abbiamo bisogno oggi di ciò, dispersi, frantumati e frastornati come siamo in un “pluralismo”, per dirla con un’espressione di Rahner, “insuperabile”, benchè di per sé possa e debba essere superato. Ma anche lo stesso Rahner ci offre un sistema. Peccato che sia sbagliato.

Abbiamo bisogno, nel campo del pensiero, di acume, di ordine, di solidità, di equilibrio, di universalità, di completezza e al contempo di profondità e di rigore scientifico (non dico scientista o positivista!), come si conviene al vero pensiero cattolico, erede di millenni di cultura classica ed oggi chiamato ad una nuova sintesi che assuma criticamente le culture extraeuropee. Infine occorre trovare il modo di rendere questo pensiero comunicabile e fruibile per gli uomini del nostro tempo.

Condivido la convinzione di Maritain e di Tyn circa l’attuale rinascita di modernismo. Per questo sarebbe bene, secondo me, che i Pastori e lo stesso Pontefice ricominciassero (dopo S.Pio X!) ad usare il termine. Finora si è usato quello di “progressismo”, ma - come rilievo critico - mi pare troppo blando, troppo mite, una lancia spuntata. Il progressismo è in sè una cosa sana e normale, in certi casi doverosa, perché significa amore per il progresso. E come non si può amare il progresso? Non dobbiamo prendercela col progressismo. Tradizionalismo non deve voler dire anacronismo.

“Modernismo” invece indubbiamente ricorda la Pascendi di S.Pio X. Ma appunto per questo è opportuno ed illuminante tornare ad usare il termine, anche se so bene che esso evoca un fenomeno ereticale. Ma un discorso analogo si potrebbe fare per il termine “eresia”. Ritengo che sarebbe bene che anche questo termine tornasse ad essere usato dai nostri Pastori. Le eresie oggi esistono, non possiamo nascondercelo. E non mi pare pastoralmente conveniente, per designarle, usare eufemismi, circonlocuzioni o allusioni.

Dobbiamo tornare a parlare di eresie con serietà, obbiettività, serenità, carità, autentica premura pastorale. Il non parlarne non fa che peggiorare la situazione. Siamo come medici che si limitano a prescrivere pratiche salutistiche, bagni al mare, diete vegetariane, ginnastica, footing e gite in montagna. E le malattie?

Il problema è di come parlarne. Mi permetto di segnalare un mio libro dedicato a questo argomento: La questione dell’eresia oggi, Edizioni Vivere In, Monopoli (BA) 2008. Ma è ovvio che sono pronto ad imparare anch’io da persone più sagge. Bisognerebbe su questo tema parlarne nella stampa e nei siti web, organizzare convegni, scrivere libri e su riviste specializzate, avviare una apposita pastorale, formare pastori adatti e capaci sin dalla formazione seminariale.

Ho fatto omaggio del mio libro al Card.Caffarra, mio Arcivescovo e Gran Cancelliere della Facoltà di Teologia di Bologna, dove insegno e mi ha mandato due righe, ma efficacissime: “Problema di bruciante attualità, ma messo completamente a tacere”. Allora ho deciso, per i prossimi tre anni, di parlarne a Radio Maria.

Anche per quanto riguarda il termine “eresia”, Padre Tyn non temeva di usarlo anche in riferimento all’oggi. E ci ha lasciato acute confutazioni delle eresie del nostro tempo.

Certo noi Domenicani in questo campo, come si sa, abbiamo una lunga storia, non priva di lati oscuri. Ma ciò vuol dire solo che occorre trovare uno stile rinnovato, veramente evangelico ed utile per gli uomini del nostro tempo. Accantonare la questione non serve a nulla ed anzi peggiora la situazione.

Di recente il Papa, riprendendo un’espressione tradizionale che spesso ricorre sulla bocca dei santi, ha parlato di “passione della Chiesa” a causa dell’esistenza del “peccato nella Chiesa” ed accennando a “riottosi e ribelli”, figli della Chiesa che fanno soffrire la Madre. L’eresia è un tipico fenomeno di ribellione alla Chiesa. Avrebbe potuto parlare anche di peccato contro la Chiesa.

Per questo non sono lontano dal credere che il Papa abbia pensato a questi figli ingrati, oltre naturalmente a coloro che peccano dal punto di vista morale. Ma non c’è dubbio che la Chiesa soffre anche a causa del modernismo, e di ciò Tyn era ben consapevole. La Chiesa soffre nei suoi santi; e Padre Tomas era certo uno di questi.

Indubbiamente il modernismo di oggi è diverso da quello dei tempi di S.Pio X: è più complesso e diversificato, risente di influssi che allora non c’erano. Mi sembra più grave e più diffuso.

Il modernismo nasce da un approccio sbagliato con la modernità, da una venerazione ingenua, supina e feticistica del moderno come tale. Indubbiamente non si può non apprezzare il moderno, quando è migliore dell’antico. Chi non vorrebbe possedere un’auto moderna piuttosto che una del secolo scorso? Esiste però anche una criminalità moderna e penso che nessuna persona di retti costumi guardi con simpatia tale modernità.

Nel modernismo dei tempi di S.Pio X – bisogna riconoscerlo – esistevano, sia pur in mezzo a gravi errori, delle istanze positive, che non trovarono allora adeguata risposta: assumere gli aspetti validi del moderno.

Purtroppo, mentre gli ortodossi spararono a zero sulla modernità, mancarono nei modernisti i giusti criteri di discernimento, perché i modernisti furono influenzati dagli errori moderni, quando invece, se si fossero usati i criteri offerti dalla Chiesa, per esempio il tomismo, l’operazione sarebbe riuscita, come è riuscita in gran parte, sia pur tra qualche difetto, nel Maritain o nel Fabro o nel Congar o nel Lagrange o nello Journet. Il Padre Tyn è valido per aver denunciato gli errori della modernità alla luce della dottrina della Chiesa e dell’Aquinate, cosa che del resto hanno fatto anche gli autori precedenti.

Il Concilio, dal canto suo, ci ha dato validi suggerimenti per l’assunzione dei valori della modernità. Il modernismo successivamente rinato - come hanno detto più volte gli ultimi Papi - non è stato causato dal Concilio, ma da una sua cattiva interpretazione. La maniera migliore per vincere il modernismo è la vera attuazione del Concilio.

Di ciò Tyn si era accorto e lo dice apertamente. Anche Tyn non era affatto contrario ad una sana modernità e per questo apprezzava il Concilio, benchè egli non si sia impegnato a fondo su questa linea, preferendo ricordare alcuni valori tradizionali che rischiavano di essere dimenticati.

Il modernismo si corregge con una sana modernità, che non rompa con la sana tradizione. Se l’una e l’altra è sana, ossia fondata in verità, non è difficile il collegamento, perchè il vero non può contraddire il vero. Quando poi si tratta di dottrina della Chiesa è importante rintracciare la continuità al di là di apparenti discontinuità.

E’ inammissibile invece sia un’idolatria del moderno che un’idolatria della tradizione. E non a caso l’una e l’altra - sempre di idolatria si tratta - vedono nel Concilio una rottura con la tradizione, la prima per rallegrarsene, la seconda per dolersene.

Del resto il buon cattolico sa già a priori che rotture negli insegnamenti dottrinali o di fede della Chiesa non possono esserci. Bisogna saper vedere invece il progresso al di là di apparenti smentite o errori o contraddizioni.

Anche su questo punto Padre Tyn ci è di guida col suo insegnamento, in gran parte ancora inedito, ma ferve il lavoro di preparazione di testi adatti alla pubblicazione, alcuni dei quali sono in internet (www.studiodomenicano.com e www.arpato.org), e già qualcosa di stampato è accessibile soprattutto presso la meritoria Casa Editrice Fede&Cultura del prof.Giovanni Zenone di Verona (giovanni.zenone@hotmail.com).


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