IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

CHESTERTON, LA FEDE SENZA RISPETTI UMANI


Protagonisti del Novecento negato


di Piero Vassallo


Fabio Trevisan, imprenditore veronese animato da una felice passione per il Novecento cattolico, è da tempo protagonista di alcune vivaci imprese culturali finalizzate alla riabilitazione degli autori, ad esempio Gilbert Keith Chesterton e Giovannino Guareschi, che furono nascosti dai fumi buonistici esalati dal giornalismo teologico, infuriante negli anni del travaglio postconciliare.

La cooperativa editoriale Fede & Cultura pubblica finalmente il gustoso prodotto di una fra le più riuscite iniziative di Fabio Trevisan: la riduzione a dialogo teatrale del saggio “Eugenetica e altri mali”, scritto da Chesterton nel 1922 per mostrare i desolanti risultati dell’innesto dell’evoluzionismo darwiniano e del superomismo nietzschiano sul tronco della psuedo-scienza eugenetica elucubrata dall’inglese Francis Galton.

Adattato con maestria alla rappresentazione teatrale e recitato da valenti attori professionisti, il testo di Chesterton, oltre a dimostrare l’efficacia della polemica esercitata con sottile ironia ma senza rispetti umani, costituisce l’occasione per riflettere seriamente, cioè senza filtri “ecumenici”, sulle torbide mitologie soggiacenti alle campagne propagandistiche, promosse in diverse nazioni dell’Occidente, dai divulgatori di tecniche eugenetiche intese alla produzione di un'umanità indenne da tare e perciò adatta al pieno godimento delle opportunità offerte dalla morale libertina e al felice uso dei beni prodotti dalla tecnologia.

Il razzismo prima e dopo la tragica esperienza tedesca. Nella puntuale introduzione Trevisan afferma che “senza in alcun modo diminuire l’orrore nazista, bisogna tuttavia ribadire che l’eugenetica non fu affatto un parto del nazismo. Leggi eugenetiche ed applicazioni razzistiche si ebbero in tante parti del mondo. … All’inizio del Novecento, decine di migliaia di cittadini americani furono sterilizzati, grazie a leggi come quelle dello Stato dell’Indiana (1907) che, come recitava la stessa legge prevedeva la sterilizzazione obbligatoria, nelle istituzioni statali, di idioti, imbecilli e criminali”.

Di qui, con breve e facile passo, si arriva al razzismo d'impronta zoologica professato, nel 1940, da un Konrad Lorenz: “Bisognerebbe per la preservazione della razza, considerare un’eliminazione degli esseri per noi moralmente inferiore ancor più severa di quanto non lo sia oggi. Dobbiamo - e ne abbiamo il diritto – affidarci ai migliori di noi e incaricarli di compiere una selezione che determinerà la prosperità del nostro popolo”.

Purtroppo la “filosofia” che illumina l’aberrazione di Lorenz non è tramontata insieme con la tremenda lezione di Auschwitz, se è vero che Peter Singer, autorevole e osannato abortista contemporaneo, ha potuto sostenere indisturbato che “Uccidere un bambino disabile non è come uccidere una persona … nel soppesare la gravità dell’atto di togliere una vita bisogna guardare alle caratteristiche dell’essere che verrebbe ucciso… e la qualità della vita che sarebbe in grado di condurre”.

Il giudizio stupido e criminale sulle vita indegne di esser vissute è dunque passato indenne attraverso le maglie del processo di Norimberga e delle giornate della memoria.

Ora Chesterton ha anticipato la risposta dell’ironia cattolica alla logica omicida degli eugenisti, pensatori giornalistici, che “hanno scoperto il modo di armonizzare l’indurimento del cuore con il rammollimento della testa”.

Al giornalismo dogmatico che attribuisce alla scienza “il diritto di somministrare la morte in quanto rimedio a tutti i malanni” oppone la fermezza di una fede (ancora) ignara di compromessi e di ecumeniche flessioni: “Questi grandi profeti dell’igienismo e della salute collettiva potrebbero recintare e limitare la vita di chiunque. Dobbiamo dirlo con sempre più forza: l’eugenetica non è solo anarchia inarrestabile, è tirannide”.

Chesterton ci rammenta che il rimedio alla tirannide non è il dialogo ma la dura insorgenza della fede refrattaria ai flessuosi compromessi e alle dolci acrobazie. Insorgenza che deve iniziare dalla consapevolezza che le parodie edonistiche della beatitudine cristiana hanno una radice nichilistica sulla terra avvelenata dalla menzogna e dal delitto.

Il mondo della felicità spietata, che si ottiene calpestando la vita degli inadatti, è un mondo rovesciato nell'incubo, nella scena tragica, propriamente infernale, dove l'unico sollievo concesso all'uomo è la corsa rovinosa e sanguinaria verso penosi stordimenti e vane estenuazioni.

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