IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

L'IDEARIO DI FINI & BOCCHINO

Un'ammucchiata di assurdità
finalizzate al vecchio intrallazzo



Il Gatto e la Volpe. Ma non siamo tutti Pinocchi
di Piero Vassallo



  Associazione rapsodica, scesa in guerra contro la ragione [1], la setta neodestra, ultimamente infeudata nel micro partito di Fini & Bocchino, discende dalla convulsa centrifuga neopagana, che ricicla gli avanzi delle suggestioni diffuse dall'ateismo scientifico e superumano.  
  Gli avanzi delle illusioni consumate nella belle époque, sono rigenerati nella cucina degli inganni e rovesciati sui palati dei nomadi politicanti. 
  Nel pensatoio della sgocciolante neodestra, i rottami eterogenei delle utopie affondate nel secolo sanguinario, sono centrifugati e messi sotto l’etichetta di una presunta novità, da smerciare nelle tribune della disinformazione e nelle curve del palato facile.  
  L'appropriazione del nominalismo professato di Vilfredo Pareto, ad esempio. Mediante la lettura riduttiva e dilettantesca del pensiero di Pareto, i neodestri sono convinti di aver giustificato il loro paradossale tentativo di combinare la gaia scienza nietzschiana con il rigore della scienza propriamente detta. 
  Mentre il loro pensiero galoppa nelle praterie dell'irrazionale e dell'immaginario, i neodestri dichiarano, infatti, di obbedire a un metodo intitolato alla perfetta obiettività in cappa bianca.
   Marco Tarchi, speaker neodestro catechizzato da Massimo Cacciari, ha affermato con granitico candore: “Abbiamo fatto una proposta metodologica e non di contenuti, ché ben siamo coscienti di trovare questi ultimi nel filone continuo della nostra tradizione[2].   
  Che cosa Tarchi intendesse dire scrivendo la parola "tradizione" non è mai stato chiarito. Il metodo consiste, invece, nella convinzione di possedere la scienza storica. Forte di una tale persuasione, Tarchi era arrivato al punto di farsi beffe della scienza di Giambattista Vico e dei suoi illustri continuatori a destra (ad esempio Giani, Pallotta, Tripodi, Del Noce, Petruzzellis e De Tejada).
  Se non che il nominalismo neodestro (maschera della miscredenza nietzschiana, goffamente associata all'oscillante scolastica di Guglielmo di Occam) contrastava con il nominalismo professato da Pareto.
  Edulcorata figura del pregiudizio antimetafisico, che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, infiammava i positivisti e i modernisti, il neo-nominalismo era adottato da Pareto, ma poi usato con la dovuta circospezione: “Si può dire che giungiamo all’estremo del nominalismo, purché si tolgano gli accessori metafisici di questo termine[3].

      Il fatto è che il nominalismo era usato da Pareto per sostenere una cultura pragmatica, finalizzata allo sviluppo economico.  

                 Pur essendo estraneo all'idea cristiana di parusia e allo storicismo hegeliano, il pensiero di Pareto era incompatibile con l'irrazionalismo strisciante sotto il nominalismo dei cattolici de-ellenizzanti e dichiarato senza riserve dai nietzschiani.

   Julien Freund, l’autorevole studioso del positivismo, peraltro esclude che, nell’opera di Pareto, il nominalismo introduca a quell’irrazionalismo che agiterà lo stato d’animo neodestro: “Siamo in presenza di un nominalismo che diffida delle parole, di un positivismo che prende le sue precauzioni contro lo scientismo, di un naturalismo che si limita alla metodologia, di un razionalismo che fa la parte dell’irrazionale. Nella sua opera si incrociano dunque molte correnti filosofiche, ma Pareto conferisce loro un significato che le allontana dalla loro accezione comune. ... Queste posizioni non sono in se stesse contraddittorie ma soffrono della mancanza di quella elaborazione filosofica che gli avrebbe consentito di superare la dispersione epistemologica e di dare maggiore unità e coerenza al proprio pensiero[4].      




    Nell'intento di rimanere agganciati alla fittizia tradizione ateistica dei loro primi autori, Julius Evola e Friedrich Nietzsche, i neodestri, invece, associarono la paretiana  sospensione del giudizio al dogma ateista da loro definito neopaganesimo.
   Evola, infatti, aveva ingannato i giovani militanti di destra spargendo  la cipria della religiosità (iniziaticamente intesa) sul pregiudizio ateo: “La grande rivelazione, raggiunta attraverso una serie di crisi mentali e spirituali, consiste nel riconoscimento che non esiste nessun aldilà, nulla di straordinario, che esiste solo il reale. Il reale è però vissuto in uno stato in cui non c’è soggetto dell’esperienza né oggetto che venga sperimentato, che sta nel segno di assoluta presenza, l’immanente facendosi trascendente e il trascendente immanente[5].

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   Stabilito, tra una crisi mentale e l’altra, che l’ateismo di Nietzsche implica l’accettazione della vita come ripetizione meccanica dell’identico [6], era fatale l’incontro dei neodestri con il fondatore dell’eco-animalismo, l'austriaco Konrad Lorenz.
   Remo Palmirani ha dedicato un penetrante saggio, in cui sono chiarite le affinità tra il materialismo zoologico di Lorenz e l’acosmismo di Nietzsche.
   Scriveva il compianto pensatore tradizionalista: “L’etologo austriaco divinizza l’istinto, così come Monod avrebbe fatto poi per il caso. Costoro si tendono la mano in un universo in continuo divenire nel quale la verità sta nelle cellule e nel DNA o nel comportamento innato. Lorenz rifiuta in tronco la visione illuministica  che pretende l’uomo naturalmente buono e che la società rende poi irrimediabilmente perverso, ma a tutto questo sostituisce un’altra utopia: la convinzione quasi religiosa che l’uomo e gli animali sono fatti della stessa materia e che la salvezza dell’uomo sta nel trovare il proprio preciso significato biologico[7].
   A questo punto Palmirani citava un brano, tratto da un saggio di Lorenz, brano che elimina qualunque dubbio sull’affinità tra l’eco-animalismo e la filosofia di Nietzsche: “Al naturalista sono vietate tutte le affermazioni assolute – anche quelle in campo gnoseologico – esse sono un peccato contro il santo spirito del panta rei, la grande concezione di Eraclito, che niente è, ma tutto scorre in un eterno divenire. Prendere l’uomo contemporaneo in assoluto in questa tappa della marcia attraverso il tempo, tappa che è auspicabile percorra con particolare velocità, e dichiararlo il culmine del creato ... è per il naturalista il più arrogante e pericoloso di tutti gli insostenibili dogmi[8].
  Irrazionalismo & scientismo, falsa religione & ateismo, animalismo & superomismo, progressismo & regressismo, tradizionalismo spurio e nichilismo. Una Babele comica e rumorosa.
   I rottami delle ideologie guerreggianti nel sottosuolo della modernità si danno appuntamento nella scolastica neodestra, ritrovo di sonnambuli marcianti intorno al problema di coniugare le morte ideologie con gli intrallazzi dei camaleonti scappati dal cimitero della prima repubblica.


NOTE

 [1]     Nel biennio 1978-1979, la rivista “Traditio” ha dedicato sette articoli alla neodestra.; tre a firma di Remo Palmirani (“Il materialismo zoologico di Lorenz”, “I nuovi barbari”, e “Furore anticristiano”; quattro a firma di Piero Vassallo: “Il Grece dalla falsa filosofia alla scienza disumana”, “Dall’esoterismo al naturalismo Il cammino del golem”, “Uguaglianza e massificazione” e “Il vampirocainismo”. In base alle inclinazioni dei suo esponenti italiani, spettatori estasiati dei film su Dracula e lettori dei fumetti su Caino, la neodestra fu, infatti, definita “vampirocainismo”.
[2]    Cfr. il decimo numero di “Diorama”, in uscita nel 1978.
[3]    Citato da Julien Freund, in “Pareto”, La Terza, Bari 1976, pag. 191.
[4]     Julien Freund, op. cit., pag. 193.
[5]    Cfr.: “Cavalcare la tigre”, Scheiwiller, Milano 1973, pag. 124.
[6]    Con accenti che tradiscono il passato schopenhaueriano e wagneriano imperfettamente rimosso, Nietzsche dichiara che “L’esistenza è solo un ininterrotto esser stato, una cosa che vive del negare e del consumare se stessa, del contraddire se stessa" (Considerazioni inattuali, II, 9). Con piena legittimità, dunque, il pensatore neodestro Chassard faceva proprie le tesi del pornofilosofo Georges Bataille su Nietzsche e, nel saggio “Nietzsche finalisme et histoire”, affermò che il non senso e l’unico senso della storia.  
[7]    Cfr.: “Il materialismo zoologico di Lorenz”, in “Traditio”, n. III, settembre 1978.
[8]    Ibidem.



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