IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

LE RANE IN PARLAMENTO



di Piero Vassallo



Usciti dalla favola della rana vogliosa di diventare bue, incoraggiati dai poteri forti, approvati dal partito anti-italiano e giustificati dalle omissioni della carta costituzionale, nel parlamento italiano si agitano scompostamente alcuni psico-politicanti.

La foresta dell'insoddisfazione è agitata dal vento della megalomania. Tolto il sostegno degli articoli della costituzione scritti per promuovere lo sbocco della debolezza politica nel compromesso, il progetto che unisce la modesta qualità degli insorgenti al loro desiderio di eccellenza immaginaria, sarebbe costretto a passare per la proverbiale cura del sonno in un'attrezzata clinica svizzera.

Purtroppo la costituzione del 1948, quasi profetica anticipazione dei sussulti libertari di Basaglia, incoraggia i mediocri politicanti in corsa sulla pista dell'ambizione intrallazzante.

Le soluzioni degli urgenti problemi italiani (restauro dell'immagine dell'Italia nel mondo, ricostruzione delle città terremotate, lotta spietata e vincente alle società di malavita, uscita dell'economia nazionale dalla velenosa bolla speculativa, correzione dell'anomalia giudiziaria), soluzioni brillantemente avviate da Berlusconi, Tremonti e Maroni, è rallentata e alla fine impedita dai capricci bovini delle rane in parlamento.

Il moralismo gracida nella lingua del partito radicale, istituzione immoralista per eccellenza. Enzo Palmesano, autore dell'impietoso saggio "Gianfranco Fini - Sfida a Berlusconi" ha dimostrato, infatti, che fomite delle escandescenze da palcoscenico è l'ideologia radical chic professata dall'educatrice Elisabetta Tulliani, un'attricetta in libera uscita dall'alcova dei Gaucci (padre e figlio).

Il colpo di fulmine che si è abbattuto su Fini alla vista della fascinosa Elisabetta Tulliani ha rovesciato nel radicalismo la vocazione di un conservatore che si fregiava dell'ambita insegna dell'ordine piano (che gli fu appuntata durante una solenne cerimonia nella segreteria di stato vaticana). La psicologia contempla e ammette i colpi di fulmine e gli sconvolgimenti del cuore e della mente. La politica forse. Ma è ammissibile che a pagarne le spese siano gli interessi del paese reale? E' tollerabile che lo scambio di amorosi sensi modifichi il quadro ideologico di una maggioranza di governo avviata al successo?

Intendiamoci: nessuno nega l'urgente necessità di allontanare i corrotti, i cialtroni e le cialtroncelle dalla scena politica italiana. Salvo che si stabilisca senza lasciare ombra di dubbio che la prima pietra non può essere lanciata da concorrenti di ruolo e che il compito di pulire non può essere affidato a una magistratura politicizzata, operante contro la politica in corso d'opera.

L'immunità parlamentare, infatti, piuttosto che un privilegio riservato agli attori era una garanzia a sostegno dell'efficienza e della continuità dell'azione politica prescelta dal popolo sovrano.

Il marasma prodotto dalle lacune costituzionali intorno ai poteri del governo e la confusione dei poteri introdotta dall'abolizione dell'immunità parlamentare, hanno promosso al ruolo di riformatore supremo un moralista temprato e scombussolato da vicende amorose, che sembrano estratte dai disinibiti-arditi programmi di Maria De Filippi.

Gli italiani pertanto si domandano: perché il governo scelto dagli elettori può essere impunemente abbattuto dai capricci inscenati da soggetti instabili?

Perché l'unica via d'uscita dall'assurda situazione in cui il vento dei capricci ha spinto il governo è costituita da nuove elezioni (da celebrare a spese del contribuente)?

Perché non si pensa a riforme che restituiscano il parlamento alle sue specifiche funzioni, abolendo le occasioni che ne fanno il luogo privilegiato dei trasformismi e degli agguati?

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