IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

UN "TAGLIANDO" ALLA LEGGE SULL'ABORTO ? - intervista a Olimpia Tarzia













di Giuseppe Brienza


In il Borghese, anno X - n. 4, Roma aprile 2010 (pp. 66-67)


Non tutti i politici italiani appartengono alla categoria degli improvvisati, egodistonici, mestieranti o approfittatori del potere pubblico per fini privati. La storia personale di Olimpia Tarzia, madre di tre figli, biologa e, fin dal 1977, impegnata nel volontariato e nell’associazionismo sociale (attualmente è responsabile della W.W.A.L.F., World Women’s Alliance for Life & Family e vice-Presidente nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana), ne dimostra la profonda diversità dai colleghi che, ad esempio, incontrò nel 2000, al suo primo mandato elettorale, nel Consiglio Regionale del Lazio. E’ stata infatti nei cinque anni di giunta Storace consigliere regionale dell’allora Ccd e presidente della Commissione politiche familiari e dell’Osservatorio regionale delle famiglie nel Consiglio regionale del Lazio, scrivendo in pratica la legge sulla famiglia della Regione, che prevede il quoziente familiare, l’istituzione dei nidi-famiglia condominiali e il riconoscimento di un forte ruolo all’associazionismo familiare. Uscita dal partito di Pierferdinando Casini, nel 2008 ha “provocato” la politica italiana con la lista al Senato di Giuliano Ferrara Aborto? No, grazie in cui è stata, senza successo, capolista in diverse Regioni.

Si è quindi candidata nella lista civica Polverini per le regionali nel Lazio, perché?

«Quando si è prospettata la candidatura di Renata Polverini alla Presidenza della Regione Lazio per la Pdl, Renata mi ha chiesto disponibilità a candidarmi nella sua Lista civica ed affiancarla in quest’avventura. Ho accettato con convinzione la sua proposta, particolarmente significativa, per quanto mi riguarda, per il fatto che la candidata concorrente per il PD sarebbe stata Emma Bonino, le cui idee e, soprattutto, i valori etici, e ancor prima, la stessa concezione antropologica di cui è portatrice (e su cui è impegnata da anni e che non rinnega in alcun modo) sono esattamente agli antipodi della mie convinzioni e rappresentano tesi culturali e azioni concrete contro le quali combatto da trent’anni».

Eppure alle elezioni del Comune di Roma del 2006 appoggiò pubblicamente un candidato che si era presentato nella lista civica di Veltroni…

«Fu un errore che non ripeterei, anche se non muta il mio giudizio su Valerio Vicari, che allora appoggiai perché aveva 26 anni, era referente giovani del Movimento per la vita romano ed è stato mio validissimo capo segreteria nell’ultimo periodo di presidenza della Commissione consiliare per le politiche familiari durante la Giunta Storace. Veltroni, che, con tutta l’area politica progressista si è rivelato, particolarmentecon l’imbarco dei radicali nelle politichedel 2008, un veicolo del relativismo e della cultura anti-vita in Italia, mi chiese allora di candidarmi nella sua lista civica al Comune, nella quale figuravano già altri esponenti del mondo cattolico romano. Rifiutai, ma non volli impedire un aiuto a chi pensava che, nel suo pantheon, ci fosse spazio da conquistare faticosamente per tentare di “ridurre i danni” che sarebbero provenuti dalle componenti più laiciste e di sinistra, qualora fosse eletto in Campidoglio come sembrava scontato».

Nicoletta Tiliacos su Il Foglio del 6 febbraio scorso ha riportato le conclusioni di un recente rapporto dell’Igas, Inspection général des affaires sociales, organismo dipendente dal ministero della Salute francese, nel quale si prende atto che la diffusione della contraccezione di massa non ha fatto diminuire il numero degli aborti in Francia, che si mantiene sui duecentomila circa l’anno. Anche in Italia l’aborto è diventato un mezzo di contraccezione?

«Da noi si sta lentamente ma progressivamente verificando quanto vale già nel resto dell’Occidente individualistico e libertario. Se nel passato il non valere, l’insignificanza era caratteristica degli estranei alla tribù, degli stranieri, poi degli schiavi, poi dei negri, poi degli ebrei, etc. Oggi la grande questione si pone dinanzi all’uomo allo stato più debole, cioè iniziale o finale della sua vita. Se dell’embrione in provetta si può fare ciò che si vuole, se malattia e handicap appaiono sempre più estranei ad una società che premia solo il successo e la produttività, se la maternità è negata, se il figlio viene rappresentato come un peso, un limite ai propri programmi di carriera, sorge inevitabile la domanda: che ruolo gioca la dignità anonima di ogni essere umano, dal morente, al malato, al vecchio, al disabile, all’embrione in provetta, al bambino non ancora nato? Dall’approvazione della legge italiana sull’aborto del bambino non nato non si deve più assolutamente parlare, neppure in modo indiretto. L’offerta di alternativa e il colloquio che dovrebbero esserci nei consultori prima di autorizzare la cosiddetta i.v.g. non devono assolutamente essere considerati strumenti di prevenzione perché essi in qualche modo parlano del bambino che, a seconda della scelta, vivrà o morrà. L’unica prevenzione possibile, in questo contesto culturale, resta evitare il concepimento. Di qui l’enfasi sulla contraccezione, che viene tragicamente spacciata anche in quei casi in cui è invece strumento di aborto "chimicizzato" e "pillolizzato"».

Negli ultimi anni si parla di un “tagliando” alla legge sull’aborto, che ne pensa?

«Avevo vent’anni quando, insieme ad altri giovani appartenenti a diversi movimenti ed associazioni, partecipai ad un sit-in per la vita contro il disegno di legge sull’aborto allora in votazione in Senato (quella famigerata legge 194 emanata poi il 22 maggio 1978). Eravamo convinti che una legge così ingiusta non sarebbe mai stata approvata. Col passare delle ore le notizie che ci pervenivano dall’Aula erano sempre meno rassicuranti e poi successe quello che successe. Fondai quindi con altri il Movimento per la vita italiano: ad oggi: 600 tra centri di aiuto alla vita e movimenti locali, 80 case di accoglienza, 110.000 bambini strappati all’aborto ed altrettante donne salvate da un dramma indelebile. Questa è la migliore risposta all’aborto e, nel “tagliando” di cui lei parla, credo debba rientrarci l’impegno della società civile a difesa della vita, nel senso che è ora tempo di riconoscerne la funzione d’interesse pubblico e politico».

Qualcuno, ancora, afferma che i temi cosiddetti etici non hanno a che fare con la politica ad esempio, delle Regioni, che invece hanno più il compito di amministrare.

«Vorrei chiarire che non è assolutamente così: la Regione ha ruoli legislativi, ha competenze dirette in materia di sanità, di politiche familiari e sociali, di educazione. Impensabile che provvedimenti legislativi in tal senso siano “neutri”, avulsi da un sistema di riferimento etico di valori, umani e civili. Saranno, ad esempio, le Regioni a decidere le procedure di somministrazione della pillola abortiva RU486. L’Emilia Romagna ha già deliberato per la somministrazione in Day Hospital: la donna assume la prima pillola in ospedale e poi va ad abortire nel bagno di casa, nella clandestinità più assoluta, nella solitudine più dolorosa e angosciosa».

A proposito di sanità, la cui crisi oggi appare sempre più legata alla crisi morale della nostra civiltà, non crede che derivi anche dal prevalere di una concezione conformistica dell’uomo e della società che ne hanno rinnegato definitivamente le radici cristiane? Insomma vale quanto ha scritto, molti anni fa’, il grande scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton: il Cristianesimo è sempre fuori di moda perché è sano, e tutte le mode sono insanità.

«Sono perfettamente d’accordo, in Italia ed in Europa si deve ripartire dalla riscoperta e rivitalizzazione delle radici cristiane della nostra società per far fronte a quella che viene definita una “emergenza epocale”, educativa e principalmente etica, di crisi dei valori che costituiscono il fondamento della civiltà: la vita umana comunque si presenti e ovunque palpiti, la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, la responsabilità educativa, la solidarietà verso gli altri, in particolare i più deboli, il lavoro come possibilità di realizzazione personale, in una parola, la comunità come destino buono che accomuna gli uomini e li avvicina alla meta».

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