IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

UN NOBEL ALLA PERSONA SBAGLIATA



Nobel alla scienza o all'ideologia?


di Alessia Affinito  



   E’ stato annunciato in questi giorni che l’Accademia di Svezia assegnerà il Nobel 2010 per la Medicina a Robert Edwards, professore emerito dell’Università di Cambridge, meglio noto come il “padre” della fecondazione artificiale. La notizia ha entusiasmato in breve tempo il fronte progressista e la sua stampa di riferimento, che ha coperto di elogi lo scienziato presentandolo come sommo benefattore dell’umanità, il padre – nientemeno - di quattro milioni di bambini sparsi per il mondo!
   Nell’entusiasmo generale sono sfuggiti però un paio di dettagli che è bene ricordare. La tecnica grazie alla quale Edwards è celebre ha consentito a numerose persone di diventare genitori, spesso ad un’età avanzata, al prezzo tuttavia di una manipolazione senza precedenti della vita umana (la quale, com’è noto, ha uno statuto differente da quello di altre forme di vita presenti sul Pianeta). La possibilità di una gravidanza - in seguito a bombardamento ormonale - è stata costruita come nuovo totem dell’umanità e completamente separata dalla sua dimensione naturale: cioè affettiva, relazionale, coinvolgente la totalità della persona. Grazie alla fecondazione artificiale l’essere umano non è più “colui” che nasce da un incontro, da un’esperienza, ma è prodotto al pari di altri, come una coca cola o un’automobile. E’ prodotto nel senso di previsto, di programmato e di acquistato (non occorre ricordare i costi economici di un ciclo di fecondazione in vitro).
   Ne segue che presentare Edwards come eroe dell’umanità - senza neppure accennare ai lati oscuri della tecnica da lui promossa - è segno del profondo provincialismo che caratterizza la stampa italiana, e di un’opinione pubblica completamente priva di strumenti critici, non in grado cioè di valutare gli aspetti problematici del cosiddetto “progresso”. In primo luogo, la procreazione ad un’età avanzata non è da valutarsi esclusivamente dal punto di vista degli aspiranti genitori. L’età biologica fissata dalla natura tiene implicitamente conto anche della presenza accanto al figlio, la quale non è relativa alla mera generazione ma è anche di cura, di assistenza e di sostegno, e che realisticamente declina quando la prole ha raggiunto una qualche forma di autonomia. Quando si parla di “desiderio realizzato” di genitori più che tardivi curiosamente non si chiede mai come possa sentirsi il figlio di un genitore-nonno; o peggio, privo di genitori già da adolescente. Esempio, questo, di un egoismo fermato sull’istante, su ciò che si desidera qui ed ora, a prescindere dall’altro, dagli altri.
   In secondo luogo, si tace sulle possibili patologie ed anomalie che si riscontrano su una certa percentuale di “figli della provetta” e che pure sono oggetto di ricerche scientifiche internazionali. Secondo uno studio svedese, svolto tra il 1982 e il 2005 e pubblicato sulla rivista Pediatrics, per i bambini nati in provetta vi sarebbe un rischio di tumore da adulti superiore a quello dei bambini nati in modo naturale. Tale rischio sarebbe infatti legato alle condizioni dei genitori non fertili. Una ricerca francese presentata recentemente nel corso del meeting della European Society of Human Genetics ha approfondito, invece, la relazione tra concepimenti in provetta e malformazioni genetiche, relative in special modo all’apparato cardiovascolare. Lo studio, che ha interessato oltre 15mila bambini e 33 centri francesi per la fertilità, ha evidenziato malformazioni congenite importanti nel 4.24% dei casi, e per alcune patologie un rischio sei volte più alto rispetto ai figli concepiti naturalmente.
   Di non minore importanza è la portata culturale di queste tecniche di fecondazione, ovvero le ricadute “immateriali” sul modo di vivere e di considerare la scienza. Questa ne è uscita completamente asservita al profitto, fino a smarrire del tutto il confine che dovrebbe separarla dalla tecnica, al punto che una scoperta o ipotesi di ricerca non ha oggi speranza di successo – e di finanziamenti – se non in previsione di praticissime ricadute, come qualsiasi giovane scienziato può confermare. Come considerare poi la compravendita di ovociti ed embrioni umani che ne è derivata? Quella sorta di confusionale mercato all’ingrosso dove non si danno limiti, tutto è lecito e, quel che è peggio, non si sa bene che cosa si commercia: se esseri umani o “prodotti del concepimento”, materia organica o semplici esperimenti, ipotesi di vita o cellule aggregate.
   La possibilità di manipolare la vita umana, una volta consentita da apposite legislazioni, ha comportato inesorabilmente una rivoluzione nel modo di guardare a quest’ultima. E sarebbe da schiocchi negarlo. Fintantoché la procreazione è stata affidata al “caso”, e comunque sottratta al totale dominio della volontà e della tecnica, l’uomo – la vita – ha conservato una sua dimensione di mistero e di irriducibilità. Quindi di libertà. Quando è stato possibile produrre l’uomo in laboratorio tutto questo è venuto meno, insieme alla responsabilità. Pensiamo soltanto alla selezione umana in base al sesso, ad anomalie o a certi caratteri fisici. Se è possibile scegliere “quando”, perché non “come”? A ben vedere il premio ad Edwards è poca cosa per cotanto ingegno. Un merito che non sta tanto nell’aver reso genitori, ma nell’aver consentito di poter prendere le misure all’altrui dignità. Per la qual rivoluzione un Nobel non basta.



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