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IL PELLEGRINAGGIO ALLA MECCA



di Patrizia Stella



I giornali di questi giorni riportano e commentano quasi tutti favorevolmente l’avvenimento che si ripete annualmente per i musulmani e che è il pellegrinaggio alla Mecca, dove migliaia di pellegrini ricoperti di bianche vesti procedono tutti compatti e fieri verso la montagna dove Maometto fece le prime proclamazioni ufficiali.
            All’apparenza sembra una manifestazione positiva e pacifica, anzi addirittura una lezione edificante davanti al mondo, perché i musulmani non si vergognano di proclamare la loro fede anche pubblicamente, a differenza di noi occidentali ormai così laicizzati che ci vergogniamo della nostra fede e anche quando esiste in cuor nostro ci guardiamo bene dal manifestarla perché la consideriamo una questione privata e intimistica tra noi e Dio.
            In realtà le cose non stanno proprio così e bisogna conoscerle un po’ più in profondità perché al di là del fatto che il musulmano è obbligato, pena la morte, a queste osservanze esterne, i cosiddetti cinque “punti o “pilastri” per cui neppure esiste la possibilità di opporvisi, (professione di fede, preghiera rituale, digiuno del ramadan, elemosina e pellegrinaggio alla Mecca),al di là di questo, resta il fatto che per il musulmano ciò che conta è solo la pratica esteriore dopodiché è a posto con la sua coscienza e può permettersi tutto ciò che vuole.
In realtà tra questi cinque punti, il pellegrinaggio alla Mecca, è quello più frequentato e osservato, assieme all’ultimo e sesto pilastro che è “la jihad”, o guerra santa. Infatti il pellegrinaggio alla Mecca ormai è diventato un vero business perché è prerogativa quasi esclusiva dei ricchi, (un vero musulmano è obbligato ad andare almeno una volta nella vita mentre i ricchi si vantano di essere ferventi e fedeli pellegrini “annuali”), tant’è vero che ogni anno vengono costruiti nuovi alberghi di gran lusso a sette stelle, dove i “poveri” pellegrini si ristorano dalle fatiche con banchetti luculliani, piscine, idromassaggi e donne a piacere, caratteristica peraltro degli harem.
E così il bravo musulmano, pellegrino penitente e osservante, mentre da una parte condanna alla mutilazione poveri innocenti per aver rubato una sciocchezza, o povere donne colpevoli di essere state stuprate da uomini senza scrupoli che prima le mettono incinte e poi le lapidano non appena nato il bambino, mentre uccidono in massa uomini donne e bambini colpevoli di essere cristiani, come continuamente accade in ogni parte del mondo islamico davanti alla totale indifferenza del mondo laicista, lo stesso bravo musulmano per tacitare la sua coscienza non fa altro che recarsi in pellegrinaggio di purificazione alla Mecca dove ha la possibilità di ostentare la sua fede da bravo fariseo davanti al mondo di giorno, mentre di notte se la spassa con gozzoviglie di ogni tipo e qualità, come vuole il profeta. Più o meno come accade per il digiuno del Ramadan, altra ipocrisia dove si digiuna di giorno e si compiono vere orge di notte.
            Dicono che la virtù migliore per un bravo arabo musulmano sia l’arte di saper fingere, ingannare, e in questo nessuno al mondo li sa battere per la verità, perché è la prima caratteristica del principe delle tenebre, assieme alla lussuria e al potere di “sottomettere” a sé il mondo. Islam significa appunto “sottomissione” e su questi tre punti sono davvero imbattibili.
            In questo clima di tensione e di timore per il nostro futuro, c’è chi teme l’atomica, chi il tracollo economico, chi l’invasione dei mercati da parte dei cinesi, chi i castighi di Dio attraverso guerre e calamità, ebbene una cosa è comunque certa. Come nel Vecchio Testamento Dio ha permesso che il popolo eletto venisse fatto prigioniero e deportato in Babilonia a causa delle sue ripetute infedeltà, così ora noi ci troviamo di fronte ad una alternativa che, ci piaccia o meno, segnerà il nostro futuro: o siamo fedeli a Cristo, e a “Cristo Crocifisso”, senza timore di rendergli testimonianza esponendolo nelle nostre case, nelle scuole, negli ospedali e nei luoghi di lavoro, con leggi rispettose della dignità della vita e della persona, oppure la conseguenza inevitabile non sarà certo quella di vivere pacificamente in uno Stato “laico”, cioè libero da tutte le religioni o tradizioni, come vorrebbero farci intendere certi nostri politici, ma finiremo schiavi di uno Stato teocratico, che sarà la tirannia peggiore di tutte quelle forme di totalitarismo che hanno sconquassato l’Europa, soprattutto dell’Est, in questo secolo appena passato. 

II parte

Infatti gli islamici non sono dei bravi manager, e ancor meno degli esperti artigiani o abili contadini, ma sono guerrieri intrepidi, non hanno un’etica bellica che metta in salvo donne e bambini, ma si fanno esplodere ovunque in mezzo alla gente, nelle fabbriche, nelle piazze, nelle scuole, negli asili, nei supermercati, nelle chiese, dappertutto, fino a portare alla esasperazione il popolo che si deve per forza sottomettere, anzi coinvolgendo proprio i bambini in questi intenti che per loro sono segno di civiltà e di caparra del Paradiso, fucina delle perenni vergini a disposizione dei martiri.
            E così avremo probabilmente una sola civiltà, come auspica Samuel Huntington, docente alla Harvard University, nel suo libro “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale” una sola pace, un solo regime uguale per tutti dal momento che le nostre armi nulla potranno contro le loro, i nostri dialoghi buonisti e timorosi fanno ridere davanti alla loro forza e sicurezza, pertanto prepariamoci ad essere invasi e a diventare tutti musulmani.
            D’altra parte non è forse quello che vuole l’Occidente opulento e miscredente? Ha cominciato col vendere la sua identità togliendo i crocifissi, poi le domeniche, poi il Natale, poi la famiglia naturale con i dolcissimi nomi di mamma e papà, poi l’identità sessuale, e poi e poi e poi…
Nessuno vuole la guerra però è allucinante anche vivere nel terrore di continui attentati, nell’incertezza, nella paura di un qualcosa di brutto che ti deve piombare sulla testa da un momento all’altro!. Qualcosa dovrà pur accadere e non sappiamo cosa, come e quando, però cominciamo a percepirlo epidermicamente. “Nella storia dei popoli, come nella vita degli uomini, vi sono momenti in cui si delinea la possibilità di drammatiche catastrofi a cui si può rispondere solo con un’immensa fiducia nell’aiuto di Dio”. (R. de Mattei, Guerra giusta, guerra santa, Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2001)
E forse si riveleranno profetiche le parole che pronunciò il Vescovo di Beirut durante il recente Concilio delle Chiese d’Oriente, il quale, dopo aver denunciato con forza il Corano come violento e maestro di violenza, offrì un barlume di speranza affermando che una sola cosa ci unisce ai musulmani e potrebbe essere foriera di buoni auspici: la devozione che anche essi hanno verso la Madonna, come Madre del Profeta, e mentre in Cristo vedono solo un profeta, sottomesso a Maometto, e non certo il Figlio di Dio, nella Madonna riconoscono la Sua Verginità miracolosa e il suo potere di intercessione, e si sentono molto attratti da Fatima, non solo perché ritenuta una delle figlie di Maometto, ma perché luogo dove si manifestò Maria, la Madre di Gesù. Puntiamo su questo, ci incoraggia il Prelato.
      Solo la Madonna, infatti, come ha promesso a Fatima, ha il potere di sanare ciò che è insanabile se ricorriamo a Lei con fiducia, e solo così si potranno realizzare le sue promesse rivelate ai tre pastorelli: “Coraggio! Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.

                                                                                             


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