IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

L’INTERPRETAZIONE DEL CONCILIO

di P.Giovanni Cavalcoli, OP


            La più grave questione che agita la Chiesa di oggi e non solo da oggi, ma dalla fine del Concilio Vaticano II, è quella dell’interpretazione degli insegnamenti del Concilio, inquantochè, come molte volte hanno lamentato i Papi del postconcilio sino all’attuale Pontefice, a partire dagli anni immediatamente seguenti la fine dei lavori conciliari sino ad oggi si sono diffuse nel popolo di Dio e nei teologi interpretazioni non autorizzate dal Magistero della Chiesa (quello che Paolo VI chiamò “magistero parallelo”), le quali hanno presentato e presentano le dottrine conciliari in modo falso, come se esse costituissero una compromissione con gli errori moderni e in particolare costituissero  una mondanizzazione del messaggio evangelico: quello che più volte è stato chiamato dalla Chiesa “secolarismo”, che l’attuale Papa preferisce chiamare “relativismo” e che molti studiosi chiamano opportunamente “neomodernismo”.
            Il più grave pregiudizio su questo punto, assai duro da togliere, perché assai diffuso anche in ambienti della cultura teologica, è quello secondo il quale le dottrine del Concilio sarebbero state influenzate dal pensiero del famoso teologo tedesco Karl Rahner, il quale, come è noto, è stato effettivamente perito del Concilio ed ha dato un contributo positivo, ma sarebbe assurdo pensare che il Concilio sia stato influenzato dai suoi errori.
            Per questo, da circa quarant’anni una schiera di studiosi cattolici italiani e stranieri, soprattutto Tedeschi, ha dimostrato che ciò non corrisponde a verità. Io stesso, riprendendo questa serie di studi, ho recentemente pubblicato un libro (“Karl Rahner, il Concilio tradito”, Fede&Cultura 2009), dove confermo questa tesi, al termine di una trentina d’anni di studi personali su questo Autore. Eppure il Rahner, che ha dalla sua parte a sua volta un insieme di validi ed illustri teologi, continua presso molti ambienti ecclesiali ad esser considerato nel senso suddetto. Tuttavia i critici di Rahner stanno aumentando il loro prestigio, mentre i suoi sostenitori preferiscono chiudersi nel silenzio, nell’incapacità di rispondere alle critiche puntuali e fondate che vengono loro rivolte.
            In particolare appaiono sempre più evidenti, come dimostrano i critici, le conseguenze morali delle idee rahneriane, le quali causano dissesto e rovina nei vari ambiti dell’agire morale pubblico e privato, civile ed ecclesiale, politico e religioso, locale ed internazionale.
            La cosa veramente curiosa è che la suddetta tesi dell’influsso rahneriano sul Concilio è condivisa da due correnti cattoliche che stanno agli antipodi tra di loro: quella che si esprime nella notissima e prestigiosa rivista dei Gesuiti “La Civiltà Cattolica”, di orientamento progressista, e quella che trova una sua espressione nel periodico “Sì Sì No No”, espressione piccola ma mordace del variegato movimento filolefevriano.
            Ebbene, ho potuto constatare personalmente questa coincidenza, in quanto, mentre da una parte il periodico filolefevriano ha fatto una recensione al mio libro approvando da una parte la mia critica a Rahner, ma sostenendo dall’altra che Rahner non è un “traditore” ma un mentore del Concilio, contemporaneamente ho avuto una corrispondenza epistolare col Padre Giampaolo Salvini, direttore de La Civiltà Cattolica, al quale avevo fatto omaggio del mio libro. Nel corso di tale corrispondenza il Padre Salvini mi ha definito Rahner come “icona del Concilio”. Qui abbiamo la misura di quanto vasta e radicata sia la convinzione che Rahner abbia influenzato il Concilio, si tratti di criticare Rahner col Concilio, come fanno i lefevriani, o si tratti di esaltare Rahner e il Concilio, come fa Padre Salvini.
            Ma si tratta di dire con franchezza che sia nell’uno che nell’altro caso si interpreta male il Concilio, quasi che esso sia connivente col neomodernismo al quale ho fatto cenno sopra e del quale Rahner è forse il massimo esponente attuale. Qui sta tutto il nodo della questione. Occorre urgentemente, come ci dicono i Papi da più di quarant’anni, interpretare rettamente il Concilio, non alla maniera dei modernisti, ma come intende il Magistero, il quale si è espresso in molti modi, sia condannando le interpretazioni sbagliate, sia dandoci preziose indicazioni ermeneutiche contenute in numerosi documenti, a cominciare dal Catechismo della Chiesa cattolica o dal nuovo Codice di Diritto Canonico o dal commento al Credo di Paolo VI o dalle catechesi sul Credo di Giovanni Paolo II.
            Molti si chiedono come si sia potuto verificare un tale e così vasto fraintendimento del Concilio. Le ragioni sarebbero molte, ma qui non ho lo spazio per diffondermi su questo. Accennerò solo ad alcuni punti.
1.      Innanzitutto il linguaggio stesso del Concilio, non sempre chiaro e passibile di essere strumentalizzato in senso modernista.
2.      La difficoltà di reperire nella gran mole di documenti i punti dottrinali veramente vincolanti. Ciò ha consentito a conservatori e modernisti di sottovalutare l’autorevolezza delle dottrine conciliari.
3.      L’atteggiamento troppo ottimistico diffusosi nell’episcopato del postconcilio, con la conseguente diminuzione della vigilanza (“epìskopos=sorvegliante”!) nei confronti dell’insorgere di errori ed eresie.
4.      La mancanza dei tradizionali “canoni”, i quali sempre nei Concili precedenti hanno costituito un chiaro punto di riferimento per sapere inequivocabilmente che cosa ha inteso dire il Concilio e per conoscere riassuntivamente le dottrine più importanti.
5.      Il ritardo col quale è stato fatto il Catechismo (solo nel 1992!), mentre da molti anni si era diffuso lo spurio Catechismo Olandese, che falsamente si è presentato come interprete del Concilio causando un gran danno alla Chiesa e alle anime. 
            Alla linea pastorale del Concilio e del postconcilio è dunque lecito ed anzi doveroso avanzare delle riserve ed apportare delle correzioni, perché su questo piano le direttive della Chiesa non sono infallibili. Invece al cattolico non è permesso mettere in discussione o addirittura respingere le dottrine dogmatiche del Concilio, perché esse sono testimoni infallibili della Tradizione, anche se non si tratta di dogmi solennemente o esplicitamente definiti come tali, ma si tratta pur sempre di materia di fede dove la Chiesa non può sbagliare né può cambiare.
            Tali dottrine pertanto - come ha detto il Papa - vanno viste come una esplicitazione,  un progresso e uno sviluppo della Tradizione  in continuità con la Tradizione precedente. E chi non capisce questo non ha il diritto di dire che il Concilio “rompe” con la Tradizione, ma dà segno che non capisce i contenuti del Concilio.
            Nonostante tutti questi guai, il vero rinnovamento conciliare è andato avanti. Il segreto per comprendere il vero senso del Concilio ed attuarlo veramente sta nelle parole più volte ripetute dal Papa: occorre vedere nel Concilio un supremo testimone della Tradizione, certo non di una Tradizione “congelata”, come dice Papa Ratzinger, ma di un Tradizione viva, che si trasmette ininterrotta e fedele dai tempi di Cristo nell’insegnamento orale ovvero nella predicazione dei Successori degli Apostoli e che sempre meglio nel corso della storia viene conosciuta, sì da generare un continuo progresso nella conoscenza e nella pratica della Parola di Dio e dell’ideale cristiano.

  

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