IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

CRISI FINANZIARIE, CRISI POLITICHE - IL FALLIMENTO DELLO “STATO LAICO”



di Paolo Deotto

Le cronache sono strapiene in questi giorni di notizie che inducono a ben poco ottimismo. Dall’estero, dove la Grecia affronta una crisi senza pari, dove i tumulti di piazza si alternano a disperate richieste di aiuto agli altri Paesi della UE, all’Italia, dove una maggioranza ampia sembra destinata, anziché a governare, a doversi barcamenare tra opposizioni fanatiche e fellonie interne, tutto sembra vacillare.

Il drammatico è che effettivamente tutto vacilla, e si continua a proseguire con le cure sintomatiche: la Grecia verrà salvata, con un copioso esborso di danaro dai Paesi UE, l’Italia resterà in piedi perché, al di là di ogni isterismo, di ogni scandalo vero o inventato, di ogni iniziativa giudiziaria legittima o mirata, non c’è alternativa al governo Berlusconi. Ma in ogni caso ci si potrà limitare a curare qualche ferita, a rimandare il confronto con la vera causa dei problemi che non affliggono solo noi, ma buona parte del mondo occidentale.

Tra i miti sacri e intoccabili, la democrazia e lo “Stato laico” sono senza dubbio ai primi posti. La democrazia vuole che si conteggino i voti, che prenda le redini del Paese chi ha il consenso della maggioranza degli elettori. Lo Stato laico postula un sistema in cui non esistano ingerenze esterne, in particolare da parte di autorità religiose, alla gestione della cosa pubblica, sulla base del concetto dello “Stato sovrano”, emanatore di norme e applicatore delle stesse.

La splendida risultante della democrazia sommata allo Stato laico dovrebbe essere la libertà del cittadino, già oppresso, nel passato secolo, da dittature di ogni tipo, che dilagarono in Europa tra le due guerre.

Per ora possiamo vedere un sistema di Stati che sempre più si avvitano su sé stessi, una miseria alle porte, una gioventù smarrita che spesso si tuffa nell’alcol e nelle droghe, una famiglia allo sfascio, una libertà tutt’altro che garantita con una magistratura che va per la tangente. Eccetera. Allora, forse, c’è qualcosa che non funziona nel nostro sistema, salvo che si voglia istituzionalizzare l’inganno comunista, che faceva vivere i propri cittadini (o meglio, i propri sudditi) in condizioni miserevoli, ma sempre in attesa di un “paradiso” che non arrivava mai.

A tutto ciò aggiungiamo (in ordine di elencazione, non certo di importanza) quel supermarket delle stravaganze, per usare un termine gentile, che viene tanto da destra quanto da sinistra. In una Società dove i matrimoni sono in netto calo perché molte coppie optano per la non impegnativa convivenza, in compenso gli omosessuali scalpitano per sposarsi. Se non addirittura per adottare bambini. Il concetto di “famiglia” diviene sempre più evanescente, né sono mancate, in un passato non remoto, sentenze della magistratura che definivano “famiglia” ogni aggregazione di persone, anche temporanea. Tutto diviene “diritto”, scordandosi che è “diritto” solo ciò che merita specifica tutela giuridica. Ma se si trasforma ogni capriccio in “diritto”, gli si può dare tutela giuridica e così farlo divenire “diritto”. Col che, il cerchio è chiuso, e la logica anche (ma chiusa nel senso che muore soffocata…).

Qui potremmo metterci a ragionare sulla politica di superficie del nostro squinternato Paese, e tante volte lo abbiamo fatto, e ancora lo faremo. Ma non ci interessa tanto ora analizzare situazioni che peraltro si vanno ripetendo con sconsolante monotonia. L’opposizione isterica a Berlusconi è quasi un dogma, le inchieste della magistratura che arrivano sempre nel momento buono sono una commedia che ha stufato, e purtroppo dobbiamo a ciò aggiungere una destra che, forse per emulare la sinistra, sta cercando di far danni a sé stessa. In più abbiamo un Presidente della Camera che finalmente ha gettato la maschera, mostrandosi un avversario tanto piccolo quanto bilioso del Presidente del Consiglio, verosimilmente con speranze di guiderdone da altre direzioni… e non avremo fatto che dipingere un quadretto pieno di tristezza, che conosciamo fin troppo bene.

Piuttosto ci chiediamo perché avviene tutto ciò. Perché, per tornare all’estero, e per restare solo sull’esempio più drammatico, abbiamo un Paese come la Grecia nel caos?

Perché sembra dilagare l’irrazionalità, una specie di “cupio dissolvi” che coinvolge uomini e società?

Ci sono problemi che si intrecciano drammaticamente, fino a formare un nodo gordiano, senza che sia in vista nessuno capace di spezzarlo con la propria spada. Si è perso il significato di concetti fondamentali alla base di ogni convivenza: il concetto di “libertà”, che si coniuga con quello di “moralità” e quello di “legittimazione del potere”

Il problema della legittimazione del potere è il problema principale nello studio della Dottrina dello Stato. “Perché devo obbedire alla legge”? Se non si risolve questo quesito fondamentale, ogni forma di Stato è destinata prima o poi a dissolversi, perché i consociati non sentono un obbligo morale che li spinga ad accettare le regole. Né qui parliamo del criminale, dell’uomo che per sua conformazione – il più delle volte patologica – è incapace di vivere in un ordinamento, e pertanto ruba, uccide, o nella migliore delle ipotesi, vive da parassita. Parliamo del comune cittadino, che a un certo punto, soprattutto di fronte a regole difficili da accettare, si ponga il problema del “perché”.

Senza dubbio il consenso popolare, positivo o imposto con norme poliziesche, è uno degli elementi essenziali alla legittimazione del potere. Ma non è sufficiente e soprattutto è per sua natura transeunte. Le democrazie hanno così escogitato la legittimazione del potere in quanto espressone della maggioranza dei consensi, ma anche questo non è sufficiente, perché la Storia ci da infiniti esempi di come, rispettando tutte le “regole” democratiche si possano creare sistemi disumani e violenti. Per restare in casa nostra, ci si rifugia spesso nel feticismo della Costituzione: è legittimo il potere esercitato secondo le norme costituzionali. Ma si scorda che la Costituzione è a sua volta una legge. A questo proposito il dott. Gherardo Colombo, ex magistrato del famoso gruppo di Mani Pulite, pubblicò nel 2007 un volumetto di involontario ma efficace umorismo (titolo: “Sulle regole”. Editore Feltrinelli) in cui ci mette 156 pagine per concludere che le regole vanno rispettate perché chi non le rispetta si comporta in modo illegittimo, e ciò non è legittimo perché contraddice alla Costituzione, che è la fonte della legittimità. Formidabile.

In passato, e nemmeno tanto remoto, si dichiarava legittimo il potere perché proveniente da Dio. L’incoronazione del Sovrano da parte dell’Autorità religiosa sanciva la legittimità del potere, e l’obbligo per tutti di obbedirlo e rispettarlo.

Lo Stato moderno, democratico e laico, da un lato vuole giustamente la netta separazione tra la sfera temporale e quella spirituale, ma, e qui il sistema inizia a vacillare, dimentica sempre più, col passar degli anni, che la sfera temporale, quando pretende di divenire a sua volta sfera spirituale, apre la strada al caos. E questa pretesa è, diremmo, inevitabile, perché, anche se lo Stato non vuol essere espressione di alcun credo religioso, tuttavia ha la necessità vitale di un quadro di regole entro cui il Paese debba vivere. E se le stesse regole morali non possono più provenire, in nome appunto della “laicità” dello Stato, dall’autorità e dalla tradizione religiosa, ecco che lo Stato stesso diviene emanatore di regole “spirituali”, volendo e dovendo definire cosa sia il bene e cosa sia il male. Il passo successivo è quello ormai già fatto, e i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti: lo Stato parte dal presupposto della sua laicità per stabilire che l’unica regola da seguire è quella della “libertà”. Ma non potendo definire cosa sia in effetti la libertà, essa diviene inevitabilmente il caos, il capriccio del più forte, la soddisfazione di ogni desiderio, purché strillato a sufficienza. Lo Stato abbandona il diritto “naturale”, che altro non è che l’insieme di norme che sono scritte nella natura stessa e nel cuore degli uomini, e tramandate dalle radici religiose e culturali del popolo, e si lancia in una corsa senza meta nella costruzione di un sistema in cui la moralità, ossia la virtù che da senso e confini alla libertà, ha una frontiera in perpetuo movimento. In altre parole, non ha più frontiere, quindi non esiste.

E infatti eccoci qua, vittime tutti di una finanza guidata da cialtroni, di società di “rating” guidate, a dir poco, da incoscienti, di Stati che falsificano i bilanci, e giù giù, fino ad arrivare all’espressione di ogni depravazione, di ogni vizio, di ogni schifezza, in un abisso che sembra non aver fondo. Vittime di una politica che non conosce più il bene comune, ma solo l’odio viscerale e isterico per l’avversario, vittime di una menzogna che vuole il popolo “sovrano” e lo usa invece per i propri scopi, vittime di giudici e medici felloni, che hanno tradito la missione, i primi di dare giustizia imparziale, i secondi di tutelare la vita.

La moralità, uccisa in nome di una libertà che è solo sfrenatezza, è stata sostituita dalla moralità mobile ed elastica, dove tutto è possibile. È il fallimento totale dello Stato laico, dove infatti già si pone (per chi abbia conservato sani concetti morali) non il diritto, bensì il dovere, di disobbedire a leggi ingiuste.

Vogliamo dunque il ritorno a uno Stato “confessionale”? Nient’affatto. Date a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio. Ma Cesare non può pretendere di fare a meno di Dio. Lo ha preteso, se ne è fatto vanto, e la fogna in cui sguazziamo è il risultato.

Piuttosto vogliamo il ritorno a uno Stato, a una Società, in cui si recuperi il valore del diritto naturale, in cui il potere trovi la sua legittimità sia nel consenso della maggioranza, ma anche nel rispetto assoluto dei limiti delle proprie competenze. In cui si recuperi la tradizione che ha costruito da secoli l’Italia e l’Europa, la tradizione cristiana, che ha dato luce e civiltà al mondo caduto nella barbarie dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente.

Guglielmo Giannini, uomo politico ormai pressoché sconosciuto, ma che aveva la dote (rara) di essere a un tempo intelligente e galantuomo, presentando il suo modello di Stato, diceva che “la guida spirituale l’abbiamo nella Chiesa cattolica, davanti alla quale ci inchiniamo come discepoli fedeli”. Giannini durò poco, fu una meteora politica: due anni di successi, e poi finì stritolato da due marpioni che si chiamavano Togliatti e De Gasperi. Ma di lui torneremo a parlare.

L’Italia ha urgente bisogno di riforme, e c’è solo da sperare che la maggioranza si sbrighi. L’Europa ha urgente bisogno di riforme, e, prima tra tutte, quella di servire a qualcosa (oltre che all’interesse dei banchieri) o di sciogliersi.

Ma in tutti i casi, le riforme di struttura, se non saranno accompagnate da una profonda, vera, riforma degli animi e dei cuori, da un ritorno ai veri valori cristiani, saranno ancora cure sintomatiche, mentre il male di fondo continuerà a vivere, in attesa di riesplodere.

Non è la democrazia che ci salva, né tanto meno la Costituzione. Solo ritrovando noi stessi e la nostra millenaria tradizione potremo sperare nel futuro.

E, per chiudere: chi ha detto che “indietro non si torna?”. Se andando avanti si cade nella letamaia, solo gli stupidi non decidono di tornare indietro

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