IL BLOG DI RISCOSSA CRISTIANA

25 APRILE: USQUE TANDEM ?


di Paolo Deotto


L’Italia è senza dubbio un Paese unico e irripetibile. Infatti è normale che si festeggino gli anniversari di avvenimenti che hanno contribuito alla grandezza della Patria, al suo sviluppo, al suo progresso, alla concordia. Ma in Italia riusciamo a festeggiare le sconfitte, e a definirle, con testardaggine, vittorie.

25 aprile. Fra tre giorni, domenica, vedremo l’ormai logora liturgia: comizio, sfilata, esaltazione dei valori della Resistenza, eccetera eccetera. Poiché per ragioni squisitamente anagrafiche il numero di coloro che fecero effettivamente la Resistenza si assottiglia sempre di più, non mancheranno le legioni di giovinetti foruncolosi che inneggeranno contro il risorgente fascismo, magari creando anche qualche disordine di piazza, che non ci sta mai male. E il tutto avverrà senza che nessuno di questi lottatori part-time sappia realmente cosa fu il Fascismo, cosa fu la Seconda guerra Mondiale, cosa fu la Resistenza. Chissà dove parlerà lo stralunato Di Pietro, ma state certi che qualcosa dirà; da tempo si è autonominato difensore della democrazia contro le minacce fasciste.

Sia ben chiaro che non voglio qui sottovalutare il sacrificio di quanti lottarono, da una parte o dall’altra, spinti da ciò che la coscienza imponeva. E vorrei ripetere: da una parte o dall’altra. Al di là di ogni retorica, la pur traballante Repubblica Sociale fu per molti l’esito naturale, dopo che il governo Badoglio, imbelle e disonesto, aveva tradito prima l’alleato tedesco, e poi aveva tradito l’Italia, dandosi alla fuga nel momento più critico. Del resto, molti altri si sentivano vincolati dal giuramento al Re, anche se questi aveva fatto ben poco per meritarsi la fedeltà. L’otto settembre rappresentò senza dubbio il momento più straziante per quanti disponevano di coscienza e di onestà. Almeno di fronte al sacrificio di tanti, e alla tragedia di un Paese diviso e lacerato, si dovrebbe osservare un dignitoso silenzio.

Ma c’è dell’altro che conviene ricordare, prima che la retorica resistenzialista ci sommerga di parole, urla e bandiere rosse.

Dalla seconda guerra mondiale l’Italia uscì sconfitta, e duramente. Purtroppo i governanti dell’epoca, il Maresciallo Badoglio e la sua corte, non ebbero neanche la dignità di comportarsi da sconfitti. Dopo aver tradito l’alleato tedesco (piaccia o meno, così fu; non per questo giustifichiamo ciò che combinò la Germania nell’ultimo conflitto), vollero servilmente buttare altre vite nel carnaio, con quella qualifica bislacca di “cobelligeranti” con gli Alleati ex-nemici, che servì soprattutto ai politici riemergenti per farsi una verginità antifascista.

Ma se già questa vergogna sarebbe più che sufficiente per farci tacere per decenni, in più l’Italia fu anche teatro di una crudelissima guerra civile, con italiani che si ammazzarono tra di loro. La parte più importante della Resistenza fu costituita dai primi nuclei di militari, sbandati dopo l’8 settembre e riorganizzati da ufficiali che si consideravano ancora vincolati dal giuramento al Re. Ma di questi si parla poco o nulla. La Resistenza nella “vulgata” divenne presto monopolio della parte più sanguinaria, che non esitò ad ammazzare non solo tedeschi, non solo fascisti, ma anche gli antifascisti anticomunisti. Basterebbe un nome: Porzus, teatro delle gesta criminali del pluripregiudicato partigiano comunista Mario Toffanin, detto “Giacca”, che sterminò gli ufficiali della Brigata partigiana Osoppo, rei di anticomunismo. Il partito comunista giocò le sue carte, condusse la sua propria guerra che era, peraltro dichiaratamente, una guerra per realizzare la folle utopia marxista, per asservire l’Italia al giogo di Mosca.

Il 25 aprile entrò a Milano un animoso comandante partigiano, l’avvocato Sandro Pertini, alla testa di una colonna di valorosi. Venivano a liberare Milano, ma da uomini saggi avevano giustamente atteso che Milano fosse liberata dagli americani, che il Duce fosse scappato, che i tedeschi, ancora asserragliati all’Hotel Regina, avessero fatto con gli americani patti ben precisi per tornarsene a casa loro. E quindi divenne facile poi fare gli eroi contro i fascisti sbandati.
Bande di sconfitti, animati solo dal loro odio fazioso, sfogavano livori antichi e potevano ammazzare senza più correr rischi. I comunisti, che già nel periodo bellico, con il terrorismo dei GAP avevano provocato infinite sofferenze alla popolazione (bersaglio delle inevitabili rappresaglie tedesche, inevitabili anche perché i vigliacchi “gappisti” si tenevano ben nascosti…via Rasella docet) furono lesti nell’organizzare “Tribunali del Popolo”, che in poco più di un mese fucilarono, dopo processi farsa, senza difesa e senza appello, un enorme numero di fascisti, o anche di semplici avversari. Si parla di cifre che oscillano tra i cinquemila e i quindicimila morti. Piazza Loreto a Milano ebbe l’osceno spettacolo del Duce appeso a testa in giù, insieme ad altri gerarchi e alla sua amante, Claretta Petacci, tutti ammazzati dopo la loro cattura a Dongo.
Per inciso: motivi per ammazzare Mussolini, ce n’erano tanti. Uno dei principali senza dubbio era costituito dal fatto che nella colonna di fascisti in fuga si trovava anche il tesoro della Repubblica Sociale. I morti non parlano, così come non parlarono un’altra decina di persone che sul c.d. “oro di Dongo” la sapevano lunga. Solo il conte Pierluigi Bellini Delle Stelle, uno dei capi partigiani che parteciparono alla cattura del Duce, si rifiutò sempre di rilasciare interviste, di formulare pareri sull’oro di Dongo. Fu l’unico a morire nel suo letto. Il PCI poté acquistarsi il palazzo di via Botteghe Oscure a Roma.
Ma la furia omicida dei comunisti non si era esaurita il 25 aprile. Sicuri ormai dell’impunità, i comunisti andarono avanti per anni a regolar conti con gli oppositori che consideravano più pericolosi. Chi non ricorda la strage di Schio? Chi non ricorda la famigerata Volante Rossa? Chi non ricorda la strage di preti, andata avanti fino al1951?

Potremmo andare avanti a lungo nel ricordare la tragedia della guerra civile in Italia, le verginità politiche ricucite senza alcun pudore, il solco di odio, non ancora del tutto colmato, che fu scavato tra compatrioti.

Ma poiché questo Paese lo amiamo, ci chiediamo piuttosto che senso abbia questa annuale full immersion in festeggiamenti francamente surreali, nell’esaltazione della violenza tra italiani, nella falsificazione spudorata che vuole i comunisti come epici e specchiati protagonisti della lotta contro i nazisti. L’Italia fu uno dei Paesi sconfitti, giova ricordarlo, così come giova ricordare che i tedeschi furono sconfitti grazie al sacrificio di migliaia di soldati americani, inglesi, marocchini, polacchi, che risalirono la Penisola combattendo. Ovviamente alle celebrazioni del 25 aprile non viene mai invitato alcun rappresentante di questi Paesi. Sarebbe un doveroso omaggio alla verità storica, concetto che terrorizza i faziosi di professione.

Come sarebbe bello se allo stantio “Ora e sempre Resistenza” si sostituisse “Ora e sempre serietà”…

Un inciso finale: chi fu Alfredo Pizzoni? Se non lo sapete, non è colpa vostra. Fu un personaggio di grande onestà, che fece in silenzio ciò che la coscienza gli dettava, e che si ritirò in silenzio. La vulgata lo ha annullato, cancellato. Non è mai esistito. Eppure, senza di lui l’attività di tante formazioni partigiane sarebbe stata, molto semplicemente, impossibile. Se vi interessa approfondire, scrivetemi.

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