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ARTICOLO DE "LA STAMPA" DI TORINO

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La Redazione

ESISTE UN PROGRESSO NELLA LITURGIA?

di P.Giovanni Cavalcoli,OP



            L’atteggiamento di certi cattolici nei confronti della Messa di rito romano antico, detta di rito “straordinario”, è quello di vederla come un qualcosa di vecchio e superato, non più praticabile, e sostituito da una forma moderna, che appare quindi migliore e più progredita, un po’ come avviene nella pratica medica, per la quale nessuno oggi si curerebbe come ci si curava nel ‘600 o nel ‘700 o nei prodotti della tecnica, per i quali nessuno oggi andrebbe da Bologna a Roma con un tiro di cavalli o attraverserebbe l’oceano con una caravella, se non forse per fare l’originale.
            Ma nel caso della Messa tridentina il suddetto rifiuto è spesso esasperato da un’atmosfera di emotività, che in certi casi non esiterei a chiamare psicotica a causa della sua irrazionalità, in una società pluralistica e libera come quella moderna, nella quale convivono le religioni più diverse e i riti anche a volte più strani per non dire dubbi o pericolosi.
            Per certi cattolici toccare il tema “Messa tridentina” suscita una irritazione indispettita,   quasi di ripugnanza o di orrore, simile a quella che nel medioevo era provocata dal contatto con l’appestato o l’eretico. Naturalmente parlo di casi estremi, ma oggi non infrequenti. Nei casi migliori si preferisce coprire gli eventi delle Messe antiche, pur liberalizzate di recente dal Papa, con un imbarazzato silenzio, come di cosa vergognosa o che può creare disturbo o disordine o che comunque va contro il proprio “moderno” vivere tranquillo.
            E non basta che sia intervenuto d’autorità il Papa col suo orami famoso Motu proprio nell’intento di metter pace e rassicurare tutti. Si osa invece inveire anche contro il Papa quasi sia stato circonvenuto o pressato da chissà quali gruppi conservatori o retrogradi che farebbero bene a scomparire dalla storia. In questo clima, come sappiamo, certi vescovi sono contrari alla celebrazione della Messa tridentina nella loro diocesi. Ma c’è anche da domandarsi quanti vescovi si adoperano sinceramente per far sì che il decreto del Papa sia rispettato ed esista tra i cattolici autentica libertà religiosa.
            Non cerco di spiegarmi i motivi psicologici - certo anormali - dello stato di agitazione emotiva dei cattolici contrari alla Messa di S.Pio V, quando magari non hanno difficoltà a guardare con simpatia o quanto meno con rispetto altri riti, compresi quelli protestanti. Difficile capire perché siano fissati proprio solo con la Messa di Pio V, del tutto ortodossa, dal passato splendido e perfettamente in linea, per riconoscimento stesso della Chiesa, con la Chiesa di oggi.
            Mi accontento qui di dare, del fenomeno anomalo, una spiegazione di tipo meramente teoretico. Dietro alla suddetta reazione, che non risparmia certi liturgisti, si dà a mio avviso un concetto sbagliato della liturgia, che appunto viene omologata a un fenomeno come la storia della tecnica o della medicina.
            Si pensa cioè che nella storia le forme della liturgia, e quindi della Messa vadano soggette ad un progresso, per il quale le forme vecchie e superate diventano inservibili, così come oggi nessuno si servirebbe della meridiana quando ci sono gli orologi o delle vecchie locomotive a vapore quando esistono i treni ad alta velocità. A parte il fatto, come ho detto, che certi prodotti o metodi antichi possono continuare ad essere adottati accanto ai nuovi e moderni.
            In realtà la liturgia cattolica, e quindi penso in modo speciale alla Messa, non può andar soggetta in se stessa ad un vero e proprio progresso. La Messa, fondata sulla istituzione di Gesù Cristo, è nella sua essenza un tutto divino in sé perfetto, completo ed immutabile, che quindi non può essere migliorato o perfezionato; il che non toglie certo la mutabilità, la contingenza e la varietà degli aspetti facoltativi, cerimoniali e rubricistici.
            Se di progresso si può parlare in liturgia, esso va riferito a quello che dev’essere un miglioramento continuo nella diligenza, devozione e pietà con le quali fedeli e celebrante devono partecipare dei divini Misteri, onde trarre da essi sempre più abbondanti frutti spirituali di santità e di opere buone.
             Per questo il considerare la Messa di rito ordinario o di Paolo VI come sostituzione più avanzata di quella di S.Pio V, giudicata, quest’ultima, ormai non più fruibile o celebrabile, non ha senso. E lo dimostra precisamente il recente Motu proprio del Papa sull’argomento.
            A proposito delle variazioni e mutazioni della liturgia, se proprio vogliamo trovare un referente umano ad un valore di per sé soprannaturale e di fede, converrebbe paragonarle piuttosto alla varietà ed evoluzione delle forme della grande arte, per le quali non esiste alcun problema, in un museo o in una chiesa, ritenere parimenti valide ed attuali, anche se per motivi diversi, un’opera d’arte del medioevo o del ‘500 o nel ‘900. Certo esiste un progresso nelle tecniche dell’arte, ma la poesia o la grande arte hanno sempre lo stesso valore, non importa se dell’antichità o della modernità.
            Le pitture di Giotto non sono più “progredite” degli affreschi dell’antica Roma o dell’antico Egitto; i quadri di Raffaello non sono più “progrediti” rispetto alle pitture di Giotto; e i quadri di Monet o di Matisse non sono più “progrediti” rispetto a quelli di Raffaello: sono semplicemente diversi e rispondono a gusti diversi, parimenti legittimi. Per questo tutte queste opere devono poter coesistere nel gran mondo della cultura di tutti i tempi: sono sempre attuali.
            Similmente, come si sta dimostrando sempre più chiaramente da parte dei liturgisti seri, equilibrati ed imparziali  le due modalità di Messa sono di per sé reciprocamente complementari, avendo l’una qualità dove l’altra ha limiti e viceversa. Il mistero della liturgia di per sè è troppo ricco di aspetti per poter essere attuato in un’unica forma di rito e solo in un dato tempo. Da qui la tradizionale molteplicità e varietà di riti ammessi da sempre nella Chiesa cattolica romana.
            Quanto all’opposizione dei lefevriani alla Messa di rito ordinario o di Paolo VI, essa sorge da un malinteso senso della tradizione liturgica, che non distingue ciò che nella Messa non può mutare da ciò che può mutare e non riesce a vedere che la Messa nata dal Vaticano II è sostanzialmente la Messa di sempre, l’unica Messa del rito cattolico, solamente modificata in alcuni aspetti accidentali per renderla pastoralmente più efficace nel mondo moderno. Certo si tratta di celebrarla bene, nel rispetto delle attuali norme cerimoniali e liturgiche. Per questo i lefevriani non sono giustificati nel prendere a pretesto certi modi modernisti ed indisciplinati di celebrare per respingere la Messa di rito ordinario come tale.
            La faziosità dei lefevriani e dei modernisti riguardo alla Messa è segno che né gli uni né gli altri hanno la percezione della cattolicità della liturgia e che mancano di obbedienza alla Chiesa, mostrandosi attaccati ad un concetto di liturgia non come accoglienza, nella fede, del mistero di Cristo Redentore e sommo Sacerdote unito nel suo Sacrificio alla Chiesa sua sposa, ma come culto “tutto umano” nel quale in fin dei conti non ci si fonda sulla cattolicità che unisce nella pluralità, al di là dello spazio e del tempo, ma su di un’arbitraria ed arrogante presa di posizione ideologica e  particolaristica che pretende di imporsi, sotto diversi pretesti, alla Chiesa anziché obbedirle, e che quindi rischia di finire nella superstizione o nella magia.
            Le tensioni esistenti fra i sostenitori dei due modi del rito della Messa devono pertanto cessare al più presto, perché è scandaloso ed inconcepibile che si litighi e ci si escluda a vicenda proprio su quel sommo valore della pietà cristiana, appunto la S.Messa, che è costata il Sangue divino di Cristo e che di per sé dovrebbe essere il principio, la sorgente, il fulcro, il vertice e l’apice della comunione con Dio e tra i fratelli. La faziosità e il settarismo esistenti nei due partiti contrapposti è il segno sconfortante e sconcertante che né gli uni né gli altri capiscono qual è il significato profondo della Messa e  della stessa virtù di religione.
            Indubbiamente la questione del rapporto concreto e giuridico che deve esistere tra le due forme d celebrazione è ancora sotto discussione e, data la gravità del problema, sarebbe auspicabile un documento della S.Sede che regolamentasse puntualmente la coesistenza delle due modalità di rito. Ciò secondo me contribuirebbe alla pacificazione, porterebbe a ragionare e garantirebbe, almeno per i cattolici di buona volontà, la necessaria e benefica coesistenza pacifica tra i due modi di dir Messa.
            Mi auguro che questa chiarificazione avvenga quanto prima. Ne va infatti della dignità e della credibilità dello stesso nome cattolico, che vede ora scandalosamente la divisione e la reciproca mancanza di rispetto proprio là dove dovrebbe aversi la manifestazione massima dell’unità, della concordia e della comunione.



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LETTERA APERTA AI GIOVANI MANIFESTANTI

Milano, 14 maggio 1977

di Paolo Deotto




Cari ragazzi,
                       diventando vecchi non si diventa più saggi. Molto semplicemente, c’è stato il tempo per vedere un certo numero di porcherie in più, e diviene così doveroso avvisare chi nelle stesse porcherie sta cadendo.
Perdonatemi se uso parole non delicate. Ma è una porcheria usare, per i propri fini, politici, economici, o quel che siano, i giovani, ossia coloro che più facilmente hanno un legittimo desiderio di miglioramento, che “vorrebbero fare qualcosa” per migliorare la Società.
Vedete, questa lettera è indirizzata a 990 di voi. Non è indirizzata a quei dieci, mestieranti della rivolta, ben pagati dai partiti che li organizzano, che stanno in testa al corteo che domani farete. Quelli sono mascalzoni, che vi usano. Nel “mitico” sessantotto avevo diciannove anni, facevo la quinta liceo. Ero, insomma, nell’occhio del ciclone, e ricordo benissimo i compensi che venivano offerti per picchettare le scuole, oppure per organizzare cortei, fino alle “mancette” che venivano elargite anche per la sola partecipazione, per fare massa.
Allora le fila le tirava il Partito Comunista, che aveva un’organizzazione efficiente e disponeva di molti fondi. Ebbe l’ottima idea di “inventare” il Movimento Studentesco, ottimo strumento per non sporcarsi direttamente le mani, e per poter scegliere con comodo chi mandare allo sbaraglio, chi scaricare, o a chi (i più disciplinati e inquadrati, ossia i meno intelligenti: un ottimo esempio è Baffodiferro Massimo D’Alema) favorire carriere politiche. Gli altri, erano semplice carne da cannone.

Domani, leggo sulla stampa, voi, cari ragazzi, sarete impegnatissimi a manifestare e a far cortei contro la riforma Gelmini (ma l’avete mai letta?), contro il governo Berlusconi, e, se non erro, anche contro il precariato (ma sapete di preciso cosa sia?).
Oggi un manipolo di nazistelli (perché tale si può definire chi vuole impedire agli altri di parlare liberamente) ha fatto irruzione nell’auditorium dove si teneva la presentazione di un libro del segretario generale della CISL, Raffaele Bonanni.
Domani, cosa vedremo? Nei giorni scorsi abbiamo visto cose di estrema gravità, tipo l’irruzione in ministeri, respinta dalla Polizia. Poi non sono mancati i soliti corollari di automezzi danneggiati, lancio di fumogeni, lancio di pietre, eccetera.

Voi, cari 990 ragazzi, domani vivrete la doppia avventura di una bella bigiata di massa (e in quella vi capisco: ma perché non ne approfittate per andare a spasso con la morosa?) e di un gioco della guerra che si fa ogni giorno più pericoloso. Vedete, sono in tanti a volere la testa di Berlusconi, e non credo che siate così ingenui da pensare che la vogliano per alti motivi ideali. Uno di quelli che più strepitano sull’onestà è quel tale Di Pietro che non ha un armadio pieno di scheletri, ma almeno un intero guardaroba. Vogliono la testa di Berlusconi perché il potere attualmente lo ha lui (bene o male), perché ha pestato i calli a tanti.
Non voglio farvi qui l’apologia di Berlusconi e del suo governo. Vi fanno schifo? Liberissimi. Se avete già diciotto anni alle prossime elezioni potrete darvi da fare per eliminarlo dalla scena politica.

Ma, scusate tanto, perché adesso dovete fare da truppa d’assalto per chi vuole far cadere il Governo e, con la situazione politica ultra confusa che c’è in Parlamento, cerca altri strumenti: scioperi generali (la signora Camusso replica il “modulo Epifani”: dire di no a tutto), disordini di piazza e, perché no, un bel morto?

Il morto va sempre bene, nella politica dei mascalzoni. Se il morto sarà uno di voi, sarà usato come martire, se sarà un poliziotto servirà a dimostrare che questo Governo non sa più gestire l’ordine pubblico.

Quelli che vi stanno usando, che su di voi investono (ma credete che non costi nulla organizzare cortei, con altoparlanti, striscioni, fumogeni a gogò, automobili, stampati da distribuire, magliette con slogan, eccetera?), da voi si aspettano un ritorno. È ovvio, si investe per avere un ritorno.

Così voi venite usati. Vi si insegna a odiare, a prevaricare, ad essere violenti. Se la farete troppo grossa, tanto meglio. Ma sarete lasciati da soli a cavarvela, vi accorgerete d’incanto di far parte di quella “piccola parte di provocatori” che neppure sapevate che esistesse. Quelli veri, i provocatori di professione, pagati per farlo, sanno come cavarsela. Diverrete utili politicamente, e poi sarete lasciati nei guai. Ci sono alle spalle decine di storie di giovani che si sono fatti anni di galera dopo aver obbedito ai mascalzoni che li hanno usati come truppe di assalto.

Vi lascio una foto interessante: ritrae un giovane, Mario Ferrando, che sta sparando con una pistola. Era il 14 maggio 1977, via Carducci a Milano. Quel colpo di pistola uccise il vicebrigadiere di Pubblica Sicurezza Antonio Custra, di anni venticinque.
Quel giovane, Mario Ferrando, fu a un tempo assassino, uccidendo il poliziotto Custra, e vittima dei mascalzoni che lo avevano usato in piazza.
La violenza è una cosa pericolosa, non si sa mai come vada a finire, iniziando a giocarci. Se volete farlo per vostro conto, liberissimi.

Ma farlo, oltretutto, per conto terzi, non vi sembra un po’ sciocco?

Pensateci.


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IL CECCHINO - 10

QUALCOSA NON QUADRA


di Autore Ignoto



Già, qualcosa non quadra, oppure sono io che non arrivo a vette di pensiero abbastanza sublimi.

Ordunque, apprendiamo che il sig. Calisto Tanzi è stato condannato a diciotto anni di reclusione. Il Tanzi senza dubbio ha fatto qualche marachella pesante, causando danni a non pochi risparmiatori e commettendo vari reati, tutti di natura economica. L’anno scorso si era beccato un’altra condanna a dieci anni per aggiotaggio.
mi raccomando, non rubare!
Se consideriamo che Tanzi ha 72 anni, pur augurandogli lunga vita, si è beccato, praticamente l’ergastolo.

E fin qui, tutto bene. Chi le combina troppo grosse, è giusto che paghi.

Sennonché, andando a scorrere un po’ di cronache passate, apprendiamo che il giovane Mauro “Omar” Favaro il 3 marzo di quest’anno ha riguadagnato la libertà, avendo usufruito di indulto e sconti per buona condotta. Si trovava nelle patrie galere dal 23 febbraio 2001 per scontare una condanna a 14 anni di reclusione.
Per cosa era stato condannato? Roba da nulla, ragazzate. Aveva solo ammazzato a coltellate, in concorso con la dolce fidanzatina, Erika De Nardo, la madre di quest’ultima e il fratellino, di anni undici. Decine di coltellate, un delitto bestiale e immotivato, una ferocia disumana.

Se la matematica non è un’opinione, questo bravo figliolo ha fatto nove anni e otto giorni di galera.

Saremo anche nella piena legittimità, visto che il Favaro all’epoca dei fatti era minorenne. Ma è impossibile non soffermarsi sul fatto che non aveva fatto la sciocchezzuola, la ragazzata, che so, il furtarello. No, aveva dimostrato impressionanti attitudini alla ferocia. Ma la legge è indulgente coi minori…

Ergo, riassumendo: Tanzi ha imbrogliato a destra e a manca, ha falsificato bilanci, scritture contabili, ha truffato. Anni diciotto di galera. Sono tanti, specie per un uomo anziano.
Favaro ha avuto la bestiale capacità di infilare decine di volte un coltello nel corpo di una povera donna e di un bambino. Anni quattordici di galera, di cui solo nove scontati.
Se la pena è proporzionale alla gravità del crimine, Tanzi ha commesso qualcosa di più grave di ciò che ha commesso Favaro, minorenne o meno che fosse all’epoca dell’orribile delitto.

Ma allora i “danè” valgono più della vita umana?

È lecito pensare che una “civiltà” e una “cultura” che producono simili mostruosi cortocircuiti morali e logici, abbiano qualcosa che non quadra


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BABYKLAPPE: UNA CULLA PER LA VITA

di Maria Antonietta Novara Biagini



Dobbiamo modernizzarci!! Prendere esempio dai paesi più evoluti!! La Chiesa cattolica incombe ed è un ostacolo insormontabile alle conquiste di civiltà!! Liberarci dagli influssi negativi delle gerarchie ecclasiastiche nella morale e nella bioetica!!

Mi trovavo nella Germania settentrionale e precisamente a Lubecca, città situata nella parte protestante della nazione e lontana anni luce dalle influenze vaticane.
Per darne un piccolo esempio, quando in hotel abbiamo chiesto dove fosse una chiesa cattolica, abbiamo visto il panico negli occhi del portiere; dopo accurate ricerche in internet ci ha poi fornito l’indirizzo e abbiamo potuto seguire la S. Messa.
La chiesa più importante di Lubecca, la Marienkirche, il più grande e bell’esempio di edificio sacro gotico in laterizio della Germania, è officiata da una “Pastorine”, femminile di “Pastor”, cioè da una “sacerdotessa”, e così molte altre chiese di religione protestante.
Ora stavamo percorrendo la Mengstraße, la più bella strada medievale di Lubecca, in cui si trova, fra l’altro, il magnifico palazzo settecentesco abitato da Thomas Mann e reso celebre dal romanzo “I Buddenbrook”, quando osservando la facciata particolarmente bella di una di queste case, la numero 62, il mio sguardo è stato attirato da un grosso e moderno sportello di metallo. Incuriosita da quel modernissimo manufatto in un palazzo antico, mi sono avvicinata, ed ho visto un cartello che diceva “Babyklappe”, ossia “sportello ribaltabile per bimbi”. Si trattava di una versione moderna della “ruota degli esposti”.

Nella moderna, evoluta, progressista e protestante Germania, nel centro della città, c’era la “ruota degli esposti”, e nessuna scritta di protesta, presidio di femministe, attivisti di centri sociali o quant’altro. Allego la foto perché sia di esempio


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