di Padre Giovanni Cavalcoli,OP
Ho già avuto modo di parlare in questo sito del Servo di Dio, il teologo domenicano cecoslovacco Padre Tomas Tyn (1950-1990). L’ho messo a raffronto con due grandi temi oggi di attualità: la questione del tradizionalismo e quella del modernismo, entrambe legate all’interpretazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
C’è un altro grande tema col quale possiamo collegare la significativa figura di Padre Tyn, una questione serissima, che egli visse drammaticamente ma nel contempo con quella serenità che viene dalla fede cattolica, una questione che interessa tuttora non solo la politica, ma ancor più profondamente da quasi due secoli la situazione morale e spirituale dell’umanità: quella del comunismo.
Padre Tyn visse la sua giovinezza in quella che allora si chiamava “Cecoslovacchia”, oggi divisa in “Repubblica Ceca” e “Repubblica slovacca”. A quel tempo, come sappiamo, la sua Patria era soggetta ad una dura dominazione comunista, di quel comunismo che aveva la sua centrale nella Russia sovietica.
Nel
In Germania Tomas si fece Domenicano. Nel 1972 si trasferì in Italia, nel convento di Bologna e nel 1976 fu ordinato sacerdote a Roma da Paolo VI. Giovane straordinariamente dotato dal punto di vista intellettuale, nel 1978 si addottorò a Roma in teologia ed iniziò l’insegnamento nello Studio Teologico Accademico Bolognese, oggi Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.
In occasione dell’ordinazione sacerdotale Padre Tomas offrì la sua vita per la libertà della Chiesa e della Patria. Dio lo esaudì, perché egli morì, dopo breve e dolorosa malattia, proprio nei giorni (gennaio 1990) nei quali cessò il regime comunista e fu instaurata la democrazia. La notizia si sparse nella sua patria, tanto che quella televisione di Stato, che prima era l’organo del Partito comunista, parlò di lui come di un eroe nazionale, mentre i Domenicani Cechi, colpiti da tale eminente testimonianza cristiana, promossero la causa di beatificazione, che pochi anni dopo, nel 2006, fu ufficialmente aperta a Bologna dall’arcivescovo Card.Carlo Caffarra.
Padre Tomas, da intelligente filosofo e teologo qual era, fedelissimo al Magistero della Chiesa e a S.Tommaso d’Aquino, aveva studiato a fondo la dottrina comunista nei suoi esponenti principali, Marx, Engels, Lenin e Stalin, ed inoltre aveva sperimentato insieme col suo popolo le conseguenze disumane alle quali porta la coerente applicazione dell’ateismo e del materialismo marxista.
Io vissi nel convento domenicano bolognese per alcuni anni insieme con Padre Tomas e più volte avemmo delle discussioni sul tema del comunismo. Ricordo che egli centrava tutta la sua concezione (e quindi condanna) del comunismo sulla perentoria definizione che Pio XI espresse nell’enciclica dedicata appunto al comunismo “Divini Redemptoris”: “sistema intrinsecamente perverso”. Padre Tomas vedeva nel marxismo, in quanto aveva di originale, un sistema compatto sostanzialmente falso, in modo tale che secondo lui non si potevano secernere elementi positivi da elementi negativi, ma tutto era erroneo o funzionale all’errore. Gli elementi validi, diceva, non erano originali di Marx, ma già esistevano nell’etica sociale della Chiesa e quindi da essa Marx li aveva rubati.
Padre Tomas conosceva la differenza di pensiero tra i quattro fondatori del comunismo – Marx più umanista, erede di Hegel; Engels, evoluzionista; Lenin l’astuto ed immorale rivoluzionario; Stalin il grossolano e volgare materialista, dittatore responsabile dell’uccisione di milioni di oppositori. Sapeva anche delle differenze tra varie forme di marxismo, come per esempio quello yugoslavo, quello italiano, quello polacco o quello francese. Sapeva anche di forme mitigate e democratiche, che tuttora esistono per esempio in Italia, ma per lui si trattava sempre di atteggiamenti tattici, secondo le prescrizioni dello stesso Lenin, finalizzate alla presa del potere, realizzata la quale, come la storia dimostra, il comunismo mostra, sotto il velo della lotta per la giustizia sociale e dell’amore per i poveri e gli oppressi, il suo vero volto barbarico e disumano.
Degno di nota è il fatto importante che l’opposizione di Padre Tomas al comunismo non era un’opposizione alle politiche che di fatto esercitavano i vari partiti o movimenti comunisti nel mondo, né tanto meno era opposizione o mancanza di carità verso le persone di idee comuniste. L’opposizione di Padre Tomas era netto, e motivato rifiuto, in base alla ragione e alla fede, dei princìpi dottrinali di fondo del marxismo, frutto maturo di quattro secoli di pensiero antropocentrico e postcartesiano, che progressivamente aveva mostrato sempre più il suo volto ad un tempo disumano e anticristiano. Viceversa, il suo atteggiamento nei confronti delle varie correnti politiche marxiste, trattandosi del terreno opinabile della politica, nel quale del resto Padre Tomas non si sentiva competente, dava spazio a tolleranza e ad un prudente distacco.
Invece, per quanto riguarda le singole persone, Padre Tomas mostrava tutto il suo animo di sacerdote domenicano, aperto al dialogo, sempre pronto ad esercitare il ministero del perdono e della misericordia, soprattutto nel sacramento della Penitenza, tanto che non sono poche le persone che egli avvicinò alla fede liberandole dall’incredulità e dal disprezzo nei confronti della religione e della Chiesa.
Indubbiamente oggi il comunismo non mostra più l’aperta aggressività d’un tempo contro Dio, contro
Il comunismo continua a confondere religione e superstizione, riducendo quella a questa. Si presenta oggi come liberale, rispettoso del pluralismo e della cultura, ma resta sempre che la verità assoluta è quella di Marx. Parla di “pacifismo”, ma in realtà conserva l’odio sociale. Parla di uguaglianza e di giustizia, ma in realtà mette la ricchezza materiale al primo posto. Parla di “mistica” e di spiritualità, ma continua a pretendere che lo spirito nasca dalla materia e che quindi, risolti i problemi economici, tutto sia risolto. Continua a risolvere la persona nella sua relazione al tutto sociale mantenendo, sotto il linguaggio della democrazia e della libertà, il suo tradizionale totalitarismo, inseparabilmente legato alla dittatura, giacchè, come è la conclusione della famosa favola di George Orwell, “La fattoria degli animali”, nei sistemi comunisti “tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
Come diceva Giovanni XXIII nella sua famosa enciclica Pacem in terris del 1963, le dottrine, una volta fissate, restano sempre quelle; invece, le persone o i movimenti concreti che professano quelle dottrine, possono mutare, avere ripensamenti, correggersi, convertirsi. Cristo non è morto per il comunismo, ma per i comunisti certamente è morto, perché anch’essi sono chiamati alla salvezza. E Padre Tyn, da buon ministro di Cristo, lo sapeva
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TOMAS TYN E LA TRADIZIONE CATTOLICA
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